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        Prof. Gastone Breccia 
        
        
        Un momento della relazione  
        del Prof. Gastone Breccia 
        
        Il coro ANA di Abbiategrasso 
        
        Giulia Marchesi 
        
        Il Presidente del Comitato per il Centenario Sandro Vincenti ringrazia 
        il 
        Prof. Gastone Breccia 
        
        A fine serata vengono autografati alcuni libri per gli studenti universitari 
        intervenuti e per il pubblico presente 
      Foto©Giovanni 
        Giunta  
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       Organizzata dal Comitato per il Centenario 
        degli alpini del gruppo Milano Centro la serata, svoltasi il 4 ottobre 
        scorso, ha riscosso grande successo e partecipazione di pubblico. 
       
        Come definire la serata organizzata lo scorso 4 ottobre al Circolo Volta 
        dagli alpini del Comitato per il Centenario del gruppo Milano-Centro "Giulio 
        Bedeschi"? È stata forse una lezione di storia, tenuta con 
        magistrale accuratezza documentale dal professore Gastone Breccia? Oppure 
        si è trattato di un'esibizione canora che, attraverso le voci del 
        coro alpino di Abbiategrasso, ha rievocato atmosfere, malinconie e desideri 
        struggenti di chi un secolo fa completava l'unità d'Italia immerso 
        nel fango e nel freddo delle trincee alpine? O ancora, abbiamo forse assistito 
        ad una recita teatrale, dove due splendide voci narranti hanno dato anima 
        e sentimento agli strazianti carteggi intercorsi fra i soldati inchiodati 
        al fronte e le loro famiglie, mogli figli e genitori abbandonati e in 
        ansia a distanze ben più siderali di quelle autenticamente geografiche? 
        Ebbene la serata al Circolo Volta, la cui locandina recitava "1915: 
        l'Italia va in trincea" è stato tutto questo insieme, ed anche 
        di più. 
        Dobbiamo riconoscere che il Comitato per il Centenario ha, nella circostanza, 
        superato le sia pur note e rodate capacità di stupire. Nella sala 
        al primo piano del Circolo, molto ampia e dalle eleganti linee neoclassiche, 
        tutto è stato predisposto con cura e ordine quasi maniacali: le 
        file di poltroncine rosse, il palco, le bandiere, lo schermo, microfoni, 
        leggìi, effetti sonori e diffusori di luci. 
        Prima ancora che lo storico professor Breccia iniziasse a parlare "strilloni", 
        emersi come per incanto dalla penombra della sala, hanno distribuito copie 
        del Corriere della Sera, datate lunedì 24 maggio 1915 e recanti 
        il titolo cubitale a tutta pagina L'ITALIA DICHIARA GUERRA ALL'AUSTRIA-UNGHERIA: 
        un artificio ad effetto per far "precipitare" la platea dei 
        presenti all'interno della Storia stessa. 
        Storia che ha avuto come "guida" ed esegeta Gastone Breccia, 
        docente universitario all'Ateneo di Pavia, che ha offerto all'uditorio 
        una prospettiva inedita per l'osservazione della Grande Guerra. «Si 
        capisce molto del conflitto già dalle prime settimane» stupisce 
        lo storico. «L'Italia non seppe approfittare dei primi tre giorni 
        di guerra, subito dopo la notte a cavallo fra il 23 e 24 maggio, quando 
        le truppe del generale Cadorna assaltarono il vecchio alleato, permettendo 
        all'Austria di rovesciarci addosso l'accusa di tradimento. Fu un momento 
        irripetibile: l'Austria era fragile verso il nostro confine, ma la mancata 
        irruzione italiana oltre frontiera nell'ultima settimana di maggio si 
        rivelò un errore strategico che pagammo con l’agonia estenuante 
        delle battaglie di logoramento autunnali». 
        Secondo il professor Breccia in quell’avvio, il nostro Paese arrivò 
        a un passo dal tracollo, essendo entrato del tutto impreparato nel conflitto, 
        nonostante l’ingresso ritardato avesse mostrato a cosa si andasse 
        incontro. Dopo il fallimento delle prime spallate, la prova durissima 
        venne superata e l’Italietta scoprì di avere risorse insperate 
        per continuare a combattere, ma la Nazione e l’Esercito vennero 
        scossi profondamente dall’orrore inaudito di una guerra di logoramento, 
        che chiedeva sangue e sacrifici come mai, oltre a uno sforzo produttivo 
        ed organizzativo senza precedenti. 
        Le analisi avvincenti del professore sono state intervallate da flash 
        interpretativi che hanno offerto concretezza scenica all'esposizione: 
        le letture cariche di pathos di Gianluca Marchesi e di sua figlia Giulia; 
        la proiezione di foto di personaggi, cartine e situazioni d'epoca; le 
        note del coro alpino di Abbiategrasso che, iniziate con il canto della 
        Ninetta, hanno srotolato un repertorio da brividi fino alla struggente 
        canzone del Montenero. 
        Tutto è durato poco meno di due ore, breve arco di tempo colmo 
        di intensità e di emozionanti squarci sul passato. In platea sedevano 
        non poche personalità: l'avvocato Vincenzo Torti, presidente del 
        Cai; il Generale Giovanni Fantasia, presidente dell'Unuci; il Colonnello 
        Mauro Arnò, comandante del Centro Documentale dell'Esercito; il 
        professor Marco Boniardi, ordinario di metallurgia al Politecnico di Milano 
        e il professor Luca Bagetto, docente di filosofia all'Università 
        di Pavia. 
        Era presente anche il presidente dell'ANA di Milano, Luigi Boffi, che 
        ha ricordato a tutti l'importanza della memoria. «Memoria con realismo 
        e senza retorica» ha rimarcato. «La guerra resta una brutta 
        bestia sia che si vinca sia che si perda. Oggi la sola vera conquista 
        resta la solidarietà fra gli uomini».  
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