ALA,
UNA CITTA’ PRESA PER AMORE.

Di Andrea Bianchi

Immaginiamo un “romanzo” con la seguente trama: è scoppiata la Prima Guerra Mondiale e in un paese a ridosso del confine trentino, in Val d’Adige, si vivono momenti di ansia, terrore e trepidazione.
Si odono, improvvisamente, da sud, delle esplosioni: i borghesi, spaventati, si rifugiano in casa chiudendo tutte le imposte. Corre voce che siano saltati i ponti sull’Adige (peraltro già minati da tempo). Truppe dell’esercito invasore, pochi temerari in avanscoperta, sarebbero già in paese: soldati del Battaglione Volontari Ciclisti-Automobilisti, in sella alle loro biciclette, fanti della “Brigata Mantova”, alcuni Finanzieri; in tutto 40 uomini e fra questi ci sarebbe addirittura un Generale!
Ecco, sparano in paese: alcune case sono colpite, la vetrina della Pasticceria Wolf (davanti alla quale gli Alpini del “Verona” si faranno poi fotografare nei giorni successivi) è forata dalle pallottole. I difensori sono ben piazzati e rispondono al fuoco con efficacia: le loro fucilate piovono da un costone strategico sovrastante il rio Ala.
Perno della resistenza è “Villa Brazil”, luogo elevato dal quale si controllano tutta la valle e i movimenti degli invasori.
Una pattuglia italiana, che cerca di avanzare fra i viottoli stretti in mezzo ai filari di viti, è in una situazione disperata e ha avuto già i primi caduti: i soldati Pietro Vallaro da Trino Vercellese ed Ettore Vincenzi da Modena, entrambi del 114° Fanteria.
Improvvisamente, sporgendosi da un’imposta, una giovane donna convince il comandante del drappello (il cap. Aldo Magagnoli da Bologna, già decorato di Medaglia di Bronzo in Libia nel 1911), a seguirla fin dove si potevano vedere gli austriaci che sparavano dalla Villa “Brazil” e dai vigneti. L’ufficiale italiano chiese ancora se era possibile trovare una posizione più alta onde batterli e la giovane lo condusse dietro la casa, su per gli orti minuscoli aggrappati allo sperone roccioso del monte; si vide così una fila di soldati preceduti da una figura di donna vestita di bianco, salire per ripide scalette di pietra mentre le pallottole nemiche si schiantavano contro gli alberi. Gli austriaci tennero tenacemente le posizioni per circa sei ore: l’Abriani stette con i soldati italiani per tutto quel tempo, aiutando anche a costruire improvvisi ripari con pietre, legni e sacchi di terra. Intanto anche la Compagnia comandata dal Magg. Razzetti Ermanno di Parma avanza con le indicazioni della Giovane, sotto il fuoco nemico.
Più sotto, in prossimità della stazione ferroviaria, c’è davvero il Generale italiano: gira per le strette strade della borgata, trasandato sotto il suo impermeabile, armato solo di un rametto usato a mo’ di frustino, con un virginia in bocca. Rimane impassibile sotto le pallottole: per lui la cosa è naturale, dato che è un militare di carriera, reduce dalla guerra di Libia, famoso per le gesta temerarie e per i successi sul campo. Impreca, si lamenta della lentezza della manovra … Redarguisce col frustino un soldato preso da terrore, a lui vicino, riconducendolo alla ragione e quello, rinfrancato, riprende a sparare verso il nemico.
All’improvviso si ode il rombo del cannone italiano da 87B: spara dal paese di Pilcante, colpisce la linea di resistenza lungo il torrente Ala, il costone di S. Martino, sotto Villa Brazil e più giù fino all’Adige.
I difensori, non equipaggiati contro armi così potenti, abbandonano le posizioni e fuggono verso Serravalle, rifugiandosi nel campo trincerato di Rovereto che resisterà fino al 3 novembre 1918.
Ci preme onorare i circa 250 valorosi difensori di Ala, alcuni della Gendarmeria locale: fra di loro si contarono alcuni morti e molti prigionieri.
Il “romanzo” è degnamente riassunto dalle parole del Bollettino del Comando Supremo del 29 maggio 1915: “Il 27 maggio truppe di fanteria rinforzate da Guardia di Finanza e d’artiglieria da Peri, per le due rive dell’Adige, avanzarono verso Ala. Espugnato il villaggio di Pilcante, coperto da più ordini di trincee, s’impossessarono stabilmente di Ala. Il combattimento durò da mezzogiorno a sera, le perdite nostre sono leggere.”
Alla giovane, a norma di legge e correttamente, fu attribuita la Medaglia d’Argento (la prima data ad una donna, per di più Trentina, durante la Grande Guerra) sanzionata con il Bollettino Ufficiale del 27 luglio 1915: “Durante un combattimento guidò spontaneamente con virile ardimento un comandante di avanguardia in località adatta per combattere il nemico abilmente appostato, rimanendo impavida esposta al fuoco avversario. – Ala, 27 maggio 1915”.
I fatti storici, scevri dalle varie retoriche, vanno oltre ai documenti ufficiali. La giovane donna, Maria Abriani, era di Besagno di Mori, vicino a Rovereto, rimase orfana in tenera età, fu allevata dalle sorelle Ida e Carlotta, in casa del cognato Felice Stefanelli, Segretario Comunale di Ala.
Successivamente all’evento del 27 maggio 1915, la giovane prestò volontariamente la propria opera come infermiera nell’Ospedaletto da Campo n. 07, installato nella borgata, più volte bombardata, persino con un mortaio da 42 cm montato su treno.
Nel 1917 l’Abriani conobbe e sposò il Capitano Giuseppe Trimeloni del 113° Fanteria, che – guarda caso - il 27 maggio 1915 procedeva con la sua colonna sull’altra sponda dell’Adige da Pilcante verso Mori. Purtroppo il marito, pluridecorato (1) e invalido di guerra, contrasse un forte morbo e dopo repentina malattia, morì a Roma il 24 aprile 1923.
Maria, allora, allevò da sola i due suoi figli, rimanendo per sempre Vedova: fu però sempre circondata dall’affetto dei Reduci della “Brigata Mantova” e Gabriele d’Annunzio nel 1918 l’aveva già velatamente resa un mito accostandola ad un altro mito ne “I Canti della Guerra Latina”:

Il valor rise come il fiore sboccia
Ala, una città presa per amore!
E l’eroe d’Ala avea nome Cantore!
E il suo canto è scolpito nella roccia.

Maria Abriani condusse vita modesta, sempre “corteggiata” dai Reduci della Grande Guerra e invitata alle loro commemorazioni fino alla morte, avvenuta nel 1966.
A cento anni di distanza da quei fatti, camminando per la bella borgata storica di Ala, si respira ancora quest’aria da “romanzo” rievocante le fucilate di soldati, le grida di Cantore e la coraggiosa Maria Abriani, guida tranquilla di un gruppo di Fanti italiani presi di mira …

NOTE:
1) Ecco le due Medaglie d’Argento guadagnate da Trimeloni:
a) Come Capitano di complemento nella 1372 cp mitr.: “Sotto intenso cruento fuoco avversario, con calma imperturbabile e perizia attiva ed intelligente, manovrava le proprie cp mitragliatrici in modo da trattenere il nemico, infliggendogli perdite rilevanti. Gravemente ferito continuava ad impartire ordini per rompere l’accerchiamento. Veniva portato in salvo da sicura prigionia dalla affettuosa devozione dei propri dipendenti, ai quali aveva saputo infondere il sacro fuoco della patria – Piave, 15 giugno 1918”.
b) Come Capitano del 152° R.F.: “Comandante di una compagnia di mitragliatrici, malgrado il violento ed aggiustato tiro dell’artiglieria avversaria, assecondava brillantemente lo slancio della fanteria, cooperando con efficaci raffiche di fuoco alla conquista e al saldo possesso di un’importante posizione nemica. – Col del Rosso, Col d’Echele, 28 gennaio 1918”.

Per saperne di più:
Numerosi sono i libri che narrano le vicende di Ala, purtroppo molto datati e di difficile reperimento.
Si segnala pertanto:
lo speciale dell’Alpin del Domm sul Generale Cantore
ed il sito internet www.alameteo.it/27-maggio-1915--arrivano-gli-italiani-ad-ala

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