Fine della Strafexpedition

Nascita del governo «di unità nazionale»
Prof. Andrea Saccoman

L’arresto dell’offensiva austriaca nel Trentino, comunemente nota come Strafexpedition, e l’inizio della controffensiva italiana coincisero con la caduta del governo Salandra e la nascita del governo «di unità nazionale» presieduto dall’on. Paolo Boselli.
Sin dall’autunno del 1915 le persone più informate e lungimiranti si erano rese conto che la guerra sarebbe durata a lungo e non poteva basarsi sul «sacro egoismo per l’Italia», cioè l’impostazione politica data alla guerra da Antonio Salandra, Presidente del Consiglio dal 21 marzo 1914.
Cominciarono quindi a crescere nel Parlamento e nel Paese le opposizioni e i malumori nei confronti del governo.
L’offensiva austriaca cominciata il 15 maggio 1916 fu l’indiscutibile conferma del fallimento della condotta della guerra voluta da Salandra. Appariva necessario un governo di «concentrazione nazionale» che attrezzasse il Paese per quella «guerra totale» quale oramai era il conflitto in corso.

Salandra era incline invece ad attribuire a Cadorna la propria difficoltà politica.
Partì da Roma la sera del 30 maggio dopo che il Consiglio dei Ministri lo aveva autorizzato a sostituire il Capo di Stato Maggiore. Il 31 maggio, a Udine, ebbe un colloquio con il Re Vittorio Emanuele III e il sottocapo di Stato Maggiore Carlo Porro.

Il giorno dopo ci fu un nuovo colloquio senza il Re, ma con Cadorna presente. Nel contrasto tra il Comando Supremo e il Presidente del Consiglio aveva vinto il militare sul politico.
Martedì 6 giugno riapriva la Camera dei deputati dopo oltre un mese e mezzo e il governo fu subito in difficoltà. Ovviamente gli avvenimenti del Trentino erano nella mente di tutti i deputati, ma solo il 10 giugno Salandra parlò. Dopo aver rilevato che la conformazione del confine aveva favorito l’offensiva nemica, per spontanea inettitudine o gaffe calcolata egli disse:
«Tali sfavorevoli condizioni resero possibili i primi innegabili successi dell'offensiva nemica. Giova tuttavia virilmente riconoscere che difese meglio preparate l’avrebbero, se non altro, arrestata più a lungo e più lungi dai margini della zona montana».
La cosa in sé era vera, seppure banale. Ma in un momento così delicato ben altro ci si aspettava dal capo del governo che un gioco di scaricabarile col Comando Supremo.
Dopo una rapida seppur aspra discussione un ordine del giorno di fiducia al governo era respinto con 197 voti contrari e 158 favorevoli.
Il 12 giugno furono presentate le dimissioni ufficiali del Governo.
Su indicazione dello stesso Salandra, l’incarico fu affidato al settantottenne Paolo Boselli (1838-1932), figura abbastanza equidistante dai vari schieramenti da poter rappresentare gli ideali della guerra senza dare ad essi alcuna particolare coloritura e quindi di essere accettato da una larga maggioranza.

Fin dalle consultazioni Boselli si propose di ampliare il governo a tutti i settori parlamentari, escludendo soltanto i dichiarati avversari della guerra.
Il gabinetto, entrato in carica il 19 giugno 1916, accolse oltre agli uomini del centro e della destra liberale, radicali, socialisti riformisti, un repubblicano e un cattolico (Filippo Meda alle Finanze).

 

 



Il socialista riformista Leonida Bissolati (1857-1920), entrò nel nuovo governo come Ministro senza portafoglio con il compito di collegare il potere politico al comando supremo. Negli altri comandi al fronte si paventò che egli fosse una specie di “commissario politico della guerra”. In verità i rapporti con Cadorna, difficili all’inizio, divennero in seguito e restarono sino alla fine cordiali quanto mai.