Fabio Filzi

Prof. Andrea Saccoman

Fabio Filzi era nato a Pisino d’Istria il 20 novembre 1884 da Giovanni Battista e Amelia Ivancich, istriana. Il padre, trentino, era docente di filologia classica nei licei e dal 1900 al 1910 fu preside del liceo-ginnasio di Rovereto.
Secondo di quattro figli maschi, Fabio Filzi iniziò gli studi a Capodistria, continuandoli poi a Rovereto, che fu l’ambiente in cui maturò il desiderio di impegnarsi per la causa dell’indipendenza dalla dominazione austriaca. Tra il 1901 e il 1903 ebbe i primi contatti con il movimento degli studenti italiani delle terre irredente, in particolare con Cesare Battisti, di nove anni più anziano. Nel 1902 conseguì brillantemente la licenza liceale e nel 1904 fu a capo del movimento studentesco di Rovereto per protestare contro il governo austriaco dopo gli incidenti, provocati dall’elemento tedesco, avvenuti in occasione dell’inaugurazione della facoltà italiana di giurisprudenza all’università di Innsbruck.
Nello stesso anno fu chiamato ad assolvere il servizio militare nel 4° reggimento cacciatori, a Salisburgo. L’anno dopo fu congedato con con il grado di sottotenente ma con la sigla «P.U.» che significava «politicamente sospetto».
Dal 1905 il suo impegno irredentista assunse una connotazione più netta mentre si dedicava con passione agli studi universitari, iscrivendosi contemporaneamente alla facoltà giuridica dell’università di Graz e alla scuola commerciale superiore «Revoltella» di Trieste. Qui partecipò all’attività della Lega nazionale, della Società degli studenti trentini e della Giovine Trieste.
Filzi non aveva la tempra dell’agitatore né l’eloquenza e l’abilità giornalistica o la visione politica di Cesare Battisti. Il suo impegno si traduceva tutto nell’azione e nello sforzo organizzativo e di coordinamento tra le varie componenti del movimento degli studenti italiani soggetti all’amministrazione austriaca. Nel 1909 si laureò in economia e commercio con una tesi dal titolo Equità del diritto penale, che ottenne un attestato di distinzione.
Nel settembre 1909, in qualità di presidente della Società degli studenti trentini, pronunciò il discorso di apertura del VII congresso della Società, tenutosi a Rovereto, rivendicando con fermezza e con toni duri il diritto degli Italiani di avere un proprio ateneo. La reazione delle autorità portò allo scioglimento della società e alla condanna di Filzi alla degradazione da parte di un tribunale militare.
Nel 1910 conseguì la laurea in giurisprudenza presso l’università di Graz. Trovò un impiego presso la procura di finanza a Trieste e iniziò il tirocinio per poter sostenere l’esame da procuratore legale, ma le informazioni sulla sua condotta e sulle sue idee politiche ne determinarono l’allontanamento dai pubblici uffici. Tornato a Rovereto, si impiegò come avvocato presso uno studio legale.
Scoppiata la guerra europea, il 2 agosto 1914 partì per Innsbruck come soldato semplice. Il suo reggimento era destinato al fronte della Galizia, ma, per disturbi che si era volutamente procurato, fu dichiarato momentaneamente inabile alla prima linea. Ottenuta una licenza, organizzò con alcuni amici la diserzione e la fuga verso l’Italia, avvenuta la sera del 15 novembre. Nel febbraio 1915 iniziarono le sue missioni informative presso il Comando militare di Verona.
Dopo l’ingresso in guerra dell’Italia, il 16 giugno 1915 presentò domanda di arruolamento nell’esercito italiano e il 15 ottobre fu nominato sottotenente presso il 6° reggimento alpini e destinato ad Arzignano come istruttore reclute. Quando cominciò la Strafexpedition chiese di andare in prima linea: il 26 maggio 1916, con il nome di guerra (obbligatorio per gli irredenti) di Mario Brusarosco, ricevette l’ordine di partire per la Vallarsa e fu assegnato alla 2a compagnia di marcia del battaglione Vicenza, comandata dal tenente Cesare Battisti.
Nel corso di un attacco a sorpresa sul massiccio del Pasubio nella notte tra il 9 e il 10 luglio, il mancato arrivo dei rinforzi compromise l’azione, e il battaglione fu quasi annientato.
Battisti fu fatto prigioniero lungo il canalone dove ancora stava opponendo una disperata resistenza, Filzi fu catturato sulla vetta del Monte Corno insieme ad alcuni ufficiali: identificato e denunciato da un certo Brunetto Franceschini, italiano, cadetto dell’esercito imperiale, egli, insieme con Battisti, fu subito trasferito al carcere di Trento. Sottoposti al giudizio di una corte marziale furono giudicati colpevoli di alto tradimento e condannati a morte per impiccagione. La sentenza fu eseguita la sera del 12 luglio 1916 nella fossa del castello del Buon Consiglio di Trento.


Irredentisti furono anche i fratelli di Fabio Filzi, Mario (1883-1921), Ezio (1888-1944) e Fausto (1891-1918). Quest’ultimo, emigrato in Argentina, alla notizia dell’esecuzione del fratello Fabio rientrò in Italia nel settembre 1916 e il 21 ottobre fu arruolato nel 9° reggimento di artiglieria da fortezza con il grado di sottotenente. Il 17 aprile 1917 chiese di essere inviato in prima linea, «quantunque irredento» (dopo le morti di Damiano Chiesa, Battisti, Filzi e Nazario Sauro, tutte nel 1916, agli irredenti dell’esercito italiano era proibito andare al fronte). Il 23 aprile, in seguito all’accoglimento della sua richiesta, lasciò la scuola bombardieri di Susegana per raggiungere la 20° batteria bombarde dislocata sul monte Zebio dove morì in combattimento l’8 giugno 1918.

 

 

Fabio Filzi - Sottotenente 6º reggimento della 2ª compagnia del battaglione "Vicenza"

Medaglia d'oro al Valor Militare

«Nato e vissuto in terra italiana irredenta, all'inizio della guerra fuggì l'oppressore per dare il suo braccio alla Patria, e seguendo l'esempio del suo grande maestro Cesare Battisti, combatté da valoroso durante la vittoriosa controffensiva in Vallarsa nel giugno-luglio 1916. Nell'azione per la conquista di Monte Corno comandò con calma, fermezza e coraggio il suo plotone, resistendo fino all'estremo e soccombendo solo quando esuberanti forze nemiche gli preclusero ogni via di scampo. Fatto prigioniero e riconosciuto, prima di abbandonare i compagni, protestò ancora contro la brutalità austriaca e col nome d'Italia sulle labbra, affrontò eroicamente il patibolo.»
Monte Corno di Vallarsa, 10 luglio 1916

La tredicesima galleria della strada delle 52 gallerie del Monte Pasubio, scavate in occasione dei combattimenti della prima guerra mondiale, porta il suo nome.