Spedizione in Macedonia

Prof. Andrea Saccoman

L’11 agosto 1916 le prime truppe del Corpo di Spedizione Italiano in Macedonia sbarcarono nel porto di Salonicco per unirsi all’Armata Francese d’Oriente (comprendente anche unità britanniche e serbe).



Truppe italiane sbarcano a Salonicco

La scelta di inviare truppe sul fronte della Macedonia a combattere gomito a gomito con francesi e inglesi fu legata all’intento del governo italiano di migliorare i rapporti con gli alleati.
Persino Cadorna si mostrò sulle prime favorevole, poiché riteneva che un’offensiva lungo la valle del fiume Vardar fosse promettente.
Per il contributo italiano fu prescelta la 35a Divisione, comandata dal Generale Carlo Petitti di Roreto, che si imbarcò a Taranto con il primo scaglione l’8 agosto 1916.
Ai primi di settembre, completati gli arrivi, la formazione della grande unità era la seguente:
Brigata Cagliari (63° e 64° Reggimento Fanteria, 228a e 229a compagnia mitragliatrici);
Brigata Sicilia (61° e 62° Reggimento Fanteria, ogni battaglione dei due reggimenti comprendeva due sezioni mitragliatrici e una sezione pistole mitragliatrici);
Uno Squadrone del Reggimento Cavalleggeri di Lucca (16°);
Raggruppamento di artiglieria da montagna su quattro gruppi di due batterie su quattro pezzi da 65/13;
XXIII Battaglione Genio su tre compagnie; oltre a reparti minori e ai servizi, per un totale di 731 ufficiali, 25.099 uomini di truppa, 5582 quadrupedi.
Il 19 ottobre 1916 la Divisione fu rinforzata con l’arrivò della Brigata Ivrea (161° e 162° Reggimento Fanteria, con due compagnie mitragliatrici) e un secondo squadrone di cavalleria.
La divisione fu schierata inizialmente sulla catena montuosa del Krusa Balkan incuneata tra le truppe inglesi. Pur non partecipando ad azioni di rilievo, alla fine di novembre la divisione aveva perduto 12 ufficiali e 462 uomini di truppa tra morti, feriti e dispersi o prigionieri. A causa della malaria e altre malattie aveva perduto ben 5000 uomini.
Nel dicembre 1916 la divisione fu trasferita nel settore dell’ansa del fiume Cerna, circa 130 chilometri ad ovest in linea d’aria, ma circa 200 di marcia su strade disagevoli.
Il 31 dicembre 1916 il Generale Petitti assumeva il comando del settore Cerna-Makovo, dove la divisione avrebbe operato fin quasi al termine della guerra. Il 6 maggio 1917 la divisione passò al comando del generale Giuseppe Pennella, che lo tenne solo fino al 16 giugno successivo, quando gli subentrò il generale Ernesto Mombelli che lo tenne fino alla fine della guerra.
Era una zona priva di vegetazione e di appigli naturali, paludosa e malsana nella parte bassa, aspra e priva di ogni comodità in quella montana. Il clima era torrido d’estate e glaciale d’inverno. Il nemico dominava la linea del fronte dall’alto delle vette e poteva riversare su di essa il fuoco delle sue artiglierie, talvolta con l’uso di aggressivi chimici.
Si ripeterono anche qui gli scenari della guerra di posizione, con l’aggravante che la distanza dall’Italia e l’insufficienza dei mezzi di trasporto impedirono a molti militari di usufruire delle licenze alle quali avevano diritto. Alla fine vi furono oltre 6000 soldati che contavano oltre 26 mesi di ininterrotta permanenza in linea, altrettanti con oltre 15 mesi, e 18000 che non tornavano a casa da più di un anno. Gli stessi problemi resero anche irregolare il servizio postale. E ciononostante i soldati italiani sopportarono gli inconvenienti e i disagi con encomibile stoicismo. Circondati da un alone quasi leggendario divennero i combattimenti per la conquista delle posizioni di quota 1050 e del Piton Brûlé, che nulla ebbero da invidiare, nel bene e nel male, con quelli sull’Isonzo, sul Carso o sugli Altipiani.
Il 14 settembre 1918, con la preparazione d’artiglieria, ebbe inizio la grande offensiva alleata sul fronte macedone. Il 15 settembre le truppe francesi e serbe sfondavano il fronte nemico, oramai tenuto quasi esclusivamente da truppe bulgare, avendo tedeschi e austro-ungarici ritirato gran parte delle loro per le offensive in occidente. La 35a divisione italiana collaborò dapprima con azioni dimostrative e poi, dopo aver respinto un attacco nemico il 21 settembre, cominciando ad avanzare decisamente anch’essa. Gli italiani si impadronirono quindi del poderoso sistema montuoso per il quale era stato versato nell’anno e mezzo precedente tanto sangue con pochissimi risultati.
I Cavalleggeri di Lucca insieme a gruppi di mitragliatrici su autocarri venivano lanciati all’inseguimento. Era aperta la strada per la conquista della città di Prilep, ma il comando francese fece deviare verso ovest i reparti italiani per tagliare la strada alle forze nemiche che si ritiravano dal fronte di Monastir (oggi Bitola in Macedonia). L’ottimo comportamento delle truppe italiane permise di superare tutte le resistenze e di partecipare efficacemente alla manovra generale. Mentre gli italiani si accingevano ad attaccare le posizioni della città di Sop, alle 5,30 antimeridiane del 30 settembre 1918 il generale Mombelli riceveva via radiotelegramma l’avviso che la Bulgaria aveva firmato l’armistizio. Il 3 ottobre furono quindi fatti prigionieri un generale di divisione e due di brigata, 16 ufficiali superiori, 234 inferiori e 7727 uomini di truppa bulgari. Furono catturati 8 cannoni, 70 mitragliatrici e molto materiale.
Le unità dell’Intesa poterono così dilagare nei Balcani e il 31 ottobre 1918 il Quartier Generale della 35a Divisione si installava in territorio bulgaro, dove le truppe italiane rimasero quale forza di occupazione fino all’estate del 1919. Il 7 febbraio 1919, per desiderio del Governo italiano, il III Battaglione del 62° Reggimento Fanteria sbarcava a Istanbul, seguito in aprile dal comando del reggimento.



Truppe italiane a Salonicco

Alla fine di luglio del 1919, da Salonicco, dove aveva cominciato la sua avventura, il Corpo di spedizione italiano in Oriente (come ora era stata chiamata la vecchia 35a Divisione) si imbarcava per tornare in Italia e veniva sciolto ufficialmente alle ore 24 del 31 luglio 1919.
Rimaneva soltanto il Comando del 62° Reggimento Fanteria con due battaglioni a Istanbul e un battaglione in Dobrugia.