Mina austriaca
sconvolge
Monte Cimone

Prof. Andrea Saccoman

«Un dramma eroico, che fa onore a entrambi gli avversari, è terminato. Non è che un piccolo episodio, nel gigantesco quadro della lotta tra i popoli europei, ma di così tragica grandezza da meritare di essere perennemente ricordato», Fritz Weber, Tappe della disfatta.

 



Sabato 23 settembre 1916, alle 5,45 del mattino, quando da pochi minuti le truppe della Brigata Novara erano state sostituite in linea da quelle della Brigata Sele, due tremende esplosioni sconvolgevano la cima del Monte Cimone, punta estrema dell’altopiano di Tonezza, a quota 1230, uccidendo gran parte dei difensori (il comando e le compagnie 1a, 2a e 4a del I battaglione del 219° Reggimento Fanteria, serventi delle bombarde, un drappello del Genio).
Gli Austriaci avevano fatto brillare sotto la cima del monte due potenti mine. Per realizzarle avevano lavorato ininterrottamente per ventitré giorni impiegando in media quaranta zappatori del genio al giorno. Scavarono ventotto metri di galleria di mina e tre camere da mina con una carica esplosiva composta da quattro tonnellate e mezza di dinamite, otto e mezza di dynammon (una miscela esplosiva a base di nitrato di ammonio) e una tonnellata di polvere nera e gelatina esplosiva. La voragine prodotta dall’esplosione ebbe un diametro di cinquanta metri e una profondità di ventidue metri.
I pochi superstiti delle tre compagnie (due ufficiali e ventidue uomini di truppa), raccolti sul lato orientale della posizione, contesero al nemico la vetta ad essi affidata ma il numero degli assalitori (59° Reggimento Fanteria di Salisburgo) e l’intenso fuoco di mitragliatrici e di artiglieria ebbero presto ragione del piccolo nucleo di difensori che, minacciati anche dal lato occidentale, furono costretti a cedere. Gli austriaci riuscirono così a riconquistare la posizione che avevano perduto esattamente due mesi prima, il 23 luglio 1916.
Gli italiani lanciarono subito due compagnie di immediato rincalzo al contrattacco, ma non fu possibile raggiungere la vetta.
Si ritentò con forze superiori e conveniente preparazione d’artiglieria. Vi parteciparono la 259a e la 260a compagnia del Battaglione Alpini Val Leogra, la 3a compagnia del I Battaglione/153° Reggimento Fanteria, due compagnie del Genio e il XIII Reparto Mitraglieri, agli ordini del comandante del 219° Reggimento Fanteria, Colonnello Eugenio Lombardi. Gli alpini si lanciarono all’assalto per quattro volte ma il loro slancio fu infranto dalle difficoltà del terreno, reso impraticabile dall’esplosione, e dalla pioggia di bombe a mano e macigni con cui gli austriaci tempestavano dall’alto gli attaccanti.
Il 26 e il 28 settembre i comandi del X Corpo d’Armata (Generale Domenico Grandi) e della 9a Divisione (Generale Maurizio Gonzaga) emanarono gli ordini per la ripresa dell’attacco, con gli obiettivi di riconquistare le posizioni perdute e avanzare sino a Valle di Prà del Bosco; ma il Comando Supremo decise di annullare l’azione per via delle difficoltà d’impiego delle bombarde e per il prevedibile logoramento delle truppe, non proporzionato ai vantaggi che la riconquista del monte avrebbe potuto procurare.
Nella giornata del 23 settembre gli italiani ebbero 2 ufficiali e 59 uomini di truppa uccisi, 2 ufficiali e 319 uomini di truppa feriti, 15 ufficiali e 740 uomini di truppa prigionieri o dispersi, la maggior parte sepolta sotto la massa di terra spostata dall’esplosione. Fino alla fine della guerra la vetta del Cimone rimase in mano agli austriaci, mentre gli italiani tenevano le retrostanti posizioni del Caviojo, a quota 1120.

Cesare Ricceri, Gino di soranome, appartinene al 220° che è di riserva a valle del Cimone.
Così, il 27 settembre, racconta alla madre in una lettera quel che ha visto e vissuto.

"Carissima Madre
Poco ò da aggiungerti alla mia cartolina antecedente dove tutto ti spiegavo. Per il presente godo ancora buona salute come spero il simile di tutti voi.

Cara Madre come già avrai anche appreso sui giornali che il giorno 23 sul Monte Cimone mediante due mine gli austriaci una parte lo anno fatto saltar per aria sconcassando anche tutte le trincee e nel medesimo tempo un gran bombardamento dove i nostri anno dovuto ritirarsi per circa un centinaio di metri ma subito anche la nostra artiglieria a fatto subito il contrattacco in modo che è stata mantenuta la posizione però non posso darti nessun resultato dei danni avvenuti certamente molto bene non lo dovrà essere andata per quei miseri che lassù si trovavano. Cara Madre anche questa volta sono stato fortunato perché anch’io vi dovevo essere ma poi ci mandarono invece che sul monte cimone nella valle di esso e del Monte Cencio cioè fra la Val D’astico e la Valdazza credi che ormai mi son visto perduto e perso ogni speranza e vero di farsi coraggio ma già è ormai troppo che ce lo facciamo e molto più invece che di sentire qualche buona cosa cioè di pace è un silenzio assoluto un vero mortorio e per dir meglio pare che la guerra incominci ora.

Altro non ò da dirti saluta chi ti domanda di me saluta Fratello e sorelle più ricevi i miei saluti

tuo Figlio Gino"