La quinta
Conferenza Interalleata

Prof. Andrea Saccoman

Il 5, 6 e 7 gennaio 1917 si svolse a Roma la quinta Conferenza Interalleata, sotto la presidenza dell’onorevole Paolo Boselli, presidente del Consiglio dei Ministri del Regno d’Italia.

Il mattino di sabato 5 gennaio arrivarono gli ospiti stranieri e nel pomeriggio vi furono i primi scambi informali di idee. Nei due giorni successivi si ebbero invece le riunioni plenarie in tutta formalità, nella Sala rossa del palazzo della Consulta, all’epoca sede del Ministero degli Affari Esteri.
Per l’Italia i principali rappresentanti della delegazione furono Cadorna, il Ministro degli Esteri Sidney Sonnino, il Ministro della Guerra, Tenente Generale Paolo Morrone, il Ministro della Marina, Viceammiraglio Camillo Corsi, Vittorio Scialoja, Ministro senza portafogli con l’incarico della propaganda, il generale Alfredo Dallolio, sottosegretario per le Armi e Munizioni.
Per la Francia il Presidente del Consiglio e Ministro degli Esteri Aristide Briand, il Ministro della Guerra, generale Hubert Lyautey, il Ministro degli Armamenti Albert Thomas e il generale Maurice Paul Emmanuel Sarrail, comandante in capo delle forze militare alleate in Macedonia e l’ambasciatore francese in Italia, Camille Barrère.
Per il Regno Unito il Primo Ministro David Lloyd George, lord Alfred Milner, membro del Gabinetto di guerra, l’ambasciatore in Italia James Rennell Rodd, il capo dello Stato Maggiore imperiale generale William Robertson, il generale Henry Hughes Wilson, consigliere militare informale del Primo Ministro.
Per la Russia, oramai sull’orlo del collasso, intervennero Mikhail Nikolayevich de Giers, ambasciatore russo in Italia e il generale Fedor Fedorovich Palitzin, Capo della missione militare russa in Francia.
Fu constatato e ampiamente manifestato, soprattutto per ragioni propagandistiche, il perfetto accordo di tutti su ogni questione politica e militare e fu affermato di effettuare un sempre maggiore coordinamento degli sforzi, aprendo la strada a un comando supremo unificato che fu tuttavia realizzato solo nel marzo 1918.
Cadorna sostenne la necessità di concentrare le forze contro un solo obiettivo, in base al principio della massa e dell’economia delle forze. Propose perciò di attaccare e abbattere l’Austria-Ungheria con una offensiva da lanciarsi in primavera, lasciando sugli altri fronti le forze sufficienti a garantirne l’inviolabilità. Oltre ai delegati italiani, però, l’unico favorevole alla tesi di Cadorna fu Lloyd George, e alla fine essa non fu accolta.
Cinque conferenze interalleate non erano riuscite a sradicare l’incomprensione di fondo tra l’Italia e i suoi alleati dell’Intesa. Una certa responsabilità di tale situazione era da attribuirsi agli stessi governi italiani, nei quali gli interessi strettamente nazionalistici continuavano a prevalere rispetto alle necessità di una guerra di coalizione. E dunque le linee di fondo della condotta politica della guerra restarono quelle che erano dall’inizio: una sostanziale diffidenza nei confronti dell’Italia da parte della Francia e la ricerca di un legame sempre più stretto con Londra da parte sia dell’Italia che della Francia.