Prof. Andrea Saccoman
Nel corso della Grande Guerra l’area corrispondente
all’odierno Iraq fu teatro di una lotta accanita tra Turchi
ed Inglesi. Si trattava di una zona strategica poiché da
millenni la Mesopotamia rappresentava una grande via di comunicazione
con la Persia, l’Arabia e l’India. Regione difficile
sul piano logistico: tranne che lungo le rive dei due grandi fiumi,
il Tigri e l’Eufrate, si aveva di fronte solo una grande
pianura desertica priva di ogni risorsa, a parte il petrolio,
già scoperto nella zona.
L’Iraq era parte integrante dell’Impero Ottomano.
Fino alla vigilia dell’intervento nella guerra, il territorio
era presidiato da due corpi d’armata. Successivamente, però,
le truppe furono ridotte a due deboli divisioni per un totale
di circa 10000 combattenti con 36 pezzi d’artiglieria.
Il 6 novembre 1914 gli Inglesi cominciarono le operazioni per
la conquista dello Shatt al-Arab con truppe provenienti dall’India
e il 21 novembre entrarono a Bassora.
I Turchi fecero allora affluire rinforzi tentando di riconquistare
la zona, ma dopo una serie di scontri alle porte di Bassora furono
costretti alla ritirata a metà aprile 1915 dopo aver subito
gravi perdite. Lo stesso loro comandante, Suleiman
Askeri Bey, si suicidò.
Gli Inglesi decisero quindi di avanzare su Baghdad. La 6a divisione
indiana si diresse su Amara risalendo il fiume Tigri a bordo di
canoe. Nel pomeriggio del 3 giugno un’avanguardia composta
di 100 tra marinai e soldati raggiunse la città e spinse
ad arrendersi la guarnigione di 2000 uomini convincendola che
il grosso delle truppe era subito dietro loro mentre si trovava
ancora a circa 80 chilometri di distanza. Intanto, sull’Eufrate,
il 25 luglio 1915 la 12a divisione conquistò la città
di Nasiriyah (o Nassiriya), destinata a diventare tristemente
famosa per gli italiani ottantotto anni dopo. A quel punto l’intera
provincia di Bassora e la bassa Mesopotamia erano in mani inglesi
ed i campi petroliferi protetti da attacchi turchi. La relativa
facilità con la quale questi obiettivi erano stati raggiunti
produsse un senso di eccessiva fiducia negli inglesi, che si convinsero
di poter conquistare presto Baghdad e porre fine alla campagna.
Il 28 settembre 1915, dopo due giorni di combattimenti, fu conquistata
la città di Kut-al-Amara, circa 180 chilometri a sud di
Baghdad. Malgrado le linee di rifornimento si fossero oramai notevolmente
allungate e i trasporti non fossero adeguati alla portata dell’operazione,
l’11 novembre il generale inglese Charles Townshend decise
di riprendere l’avanzata.
Undici
giorni più tardi le sue truppe arrivavano nei pressi dell’antica
Ctesifonte (oggi Al-Mada’in), a soli 40 chilometri dalla
capitale irachena. Le forze turche, rinforzate, riorganizzate
e ben trincerate, al comando del generale Nur-ud-din respinsero
gli assalti inglesi, che furono costretti a ritirarsi dopo aver
perduto circa 4600 uomini. Townshend e i suoi soldati si rinchiusero
in Kut-el-Amara, fortificando la zona in attesa delle forze di
soccorso. L’8 dicembre 1915 i turchi cominciarono l’assedio.
Il 29 aprile 1916, dopo quasi cinque mesi in condizioni sempre
più dure e tre tentativi di soccorso falliti, i 10.000
sopravvissuti del corpo inglese si arresero ai turchi e furono
fatti prigionieri.
Nell’agosto
successivo il comando delle truppe inglesi in Mesopotamia fu assunto
dal generale Frederick Stanley Maude, che infuse un nuovo spirito
nei suoi uomini: riorganizzò le truppe a sua disposizione,
migliorò il servizio sanitario e perfezionò i servizi
logistici. Il 13 dicembre 1916 riprese l’avanzata lungo
il corso del fiume Tigri con un’armata composta di 59.000
soldati britannici, 107.000 indiani, e 176 pezzi d’artiglieria.
Kut-el-Amara fu riconquistata il 25 febbraio 1917, dopo abili
manovre e fortunati combattimenti.
L’11 marzo 1917 le truppe di Maude entrarono a Baghdad senza
combattere. Fu un notevole successo di propaganda in un momento
in cui gli alleati dell’Intesa, di fronte al crollo russo,
ne avevano grande bisogno, anche se la conquista della città,
che contava allora circa 145.000 abitanti, aveva un significato
strategico relativamente poco importante.
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