Prof. Andrea Saccoman
Il 12 dicembre 1916 il generale Robert Nivelle aveva sostituito
il generale Joffre a capo dell’esercito francese. Egli pianificò
una nuova offensiva sul fronte occidentale per la primavera del
1917. Cercando di fare tesoro delle lezioni apprese a Verdun e
sulla Somme, previde sbarramenti d’artiglieria brevi per
durata ma di grandissima intensità invece dei lunghissimi
bombardamenti di più giorni che mettevano il nemico sull’avviso
nell’imminente offensiva e ottenevano pochi risultati. Si
contava anche sull’aiuto dei carri armati, la nuova arma
che aveva fatto il suo debutto nella storia delle guerre il 15
settembre 1916 durante la battaglia della Somme.
Fu quindi concentrato sul fronte tra Soissons e Reims il Gruppo
d’Armate di Riserva agli ordini del generale Joseph Alfred
Micheler, composto di due armate destinate all’assalto (6a
a sinistra e 5a a destra dello schieramento) e due in riserva
(10a e 1a), pronte a sfruttare il successo. In complesso 52 divisioni,
pari a una massa di circa 1.400.000 uomini, con 1800 pezzi di
artiglieria da campagna, 1700 pesanti e 200 carri armati.
Malgrado la preparazione fosse stata minuziosa (tra le altre cose,
erano stati costruiti ex novo 250 chilometri di ferrovie), l’offensiva
cominciò sotto i peggiori auspici. La ritirata tedesca
sulla linea Hindenburg aveva rovinato il piano originale, i tedeschi
erano riusciti a sapere con ampio anticipo dell’offensiva,
grazie anche ai documenti trovati sui cadaveri di alcuni ufficiali
francesi uccisi, e le condizioni meteorologiche furono orribili,
con tempesta di neve.
L’offensiva cominciò alle sei del mattino del 16
aprile 1917. Nonostante lo slancio con il quale le truppe francesi
si avventarono contro le trincee nemiche, il risultato rimase
lontanissimo dalle speranze della vigilia. Il comando supremo
aveva calcolato che dopo sette ore dall’inizio della battaglia
potessero essere superate di slancio quattro linee di difesa nemiche.
Sul fronte della 6a armata i vari corpi d’armata riuscirono
a conquistare a malapena la prima posizione avversaria. Su quello
della 5a armata le fortune oscillarono tra la conquista della
seconda linea nemica e lo scacco completo. Nel complesso, invece
di dieci chilometri, si era avanzati di 600 metri. I carri armati,
sui quali si faceva tanto assegnamento, chiamati verso mezzogiorno
a sostegno delle fanterie ormai esauste, non conseguirono lo scopo:
dopo sole due ore, dei 132 mezzi impiegati, 57 erano stati distrutti
dal nemico e 64 immobilizzati per guasti meccanici.
Benché il primo urto fosse stato tale da deprimere le fanterie
in modo da renderle oramai inadatte a un serio sforzo, il comando
supremo francese volle insistere, pur riducendo il piano a obiettivi
più modesti di quelli iniziali, e la lotta proseguì
accanitissima fino al 25 aprile.
Intanto fin dal 22 aprile Nivelle impartì nuovi ordini:
abbandonato il disegno di sfondare la linea nemica vi sostituì
alcune operazioni parziali da sviluppare in successione dalla
fine di aprile in poi. La 10a armata, venuto meno il compito di
manovra che le era stato in precedenza assegnato, fu intercalata
in linea tra la 6a e la 5a sul tratto corrispondente allo Chemin
des Dames, riducendo il settore della 5a armata al tratto da Berry-au-Bac
a Reims. La 6a e la 10a armata ebbero per obbiettivo lo Chemin
des Dames, mentre la 5a quello delle alture di Sapigneule e di
Spin, in concorso con le operazioni della 4a armata, appartenente
al Gruppo d’Armate del Centro, comandato dal generale Philippe
Pétain.
Sulla base di queste direttive il 4 maggio la 10a armata lanciò
il proprio XVIII Corpo all’attacco di Craonne, posizione
formidabile che i tedeschi avevano saldamente fortificata. Grazie
a un efficace bombardamento la 36a divisione riuscì a occupare
rapidamente il villaggio e a mantenere la posizione malgrado i
ripetuti e violenti contrattacchi sferrati dai tedeschi durante
la notte.
Il 5 maggio, con un attacco generale, la 6a e la 10a armata conquistarono
il mulino di Laffaux, che costituiva un saliente della linea Hindenburg,
sull’ala sinistra, la cresta dello Chemin des Dames al centro
e l’altopiano di Craonne sull’ala destra. I combattimenti
continuarono poi con minore intensità fino al 9 maggio.
La battaglia era finita. Le perdite francesi ammontarono ufficialmente
a 96.125 uomini (15.589 morti, 60.036 feriti, 20.500 dispersi),
ma le stime successive le calcolano in 130.000 o anche di più.
Quelle tedesche ammontarono in tutto a circa 160.000 uomini.
La cosiddetta “seconda battaglia dell’Aisne”
o anche “offensiva Nivelle” fu una delle più
cruente di tutta la guerra. Lo sforzo richiesto alle truppe francesi
e i risultati così modesti rispetto alle aspettative furono
le cause principali della più grande serie di ammutinamenti
nella storia dell’esercito francese: a partire dal 29 aprile
interi reparti si rifiutarono di obbedire agli ordini e ritornare
sulla linea di combattimento per l’ennesimo sanguinoso assalto.
Alla fine si calcola che un totale di 23.385 soldati francesi
siano stati condannati da corti marziali per gli ammutinamenti
dell’aprile-maggio 1917. Le stime delle condanne a morte
eseguite, tuttavia, variano da un minimo di 23 a un massimo di
55 fucilati.
Il 15 maggio Nivelle fu sostituito al comando supremo dal generale
Philippe Pétain, il quale riuscì a ristabilire la
disciplina e procedette poi a migliorare le condizioni di vita
dei soldati, rinunciando nel contempo ad offensive in grande stile
per il resto dell’anno. «Aspetto i carri armati e
gli Americani», fu il suo motto.
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