Prof. Andrea Saccoman
Alle 8.55 del mattino di lunedì 25 giugno
1917 Luigi Cadorna arrivò con treno speciale alla stazione
di Saint Jean de Maurienne, in italiano San Giovanni di Moriana,
nel Dipartimento della Savoia, fino al 1860 possedimento dei Re
di Sardegna. Cadorna era accompagnato dal Brigadiere generale
Charles Delmé-Radcliffe, capo della missione militare britannica
presso l’esercito italiano. Egli fu anche l’unico
ufficiale inglese presente, in quanto le più alte autorità
militari inglesi, e cioè Douglas Haig, William Robertson
ed Henry Wilson, ritenevano fosse prioritario attaccare nelle
Fiandre per eliminare le basi dei sottomarini tedeschi prima dell’inverno:
a ciò si stavano preparando e perciò snobbarono
la conferenza. Il generale Ferdinand Foch, capo dello stato maggiore
francese, arrivò col diretto Parigi-Torino alle 9.15.
L’incontro fu oltremodo cordiale. I colloqui ebbero luogo
nel vagone-salone del generale italiano, fermo su di un binario
secondario. La prima conferenza terminò intorno alle 11,
dopodiché i due generali, apparentemente soddisfatti, fecero
una breve passeggiata nei dintorni della stazione, attendendo
che fosse preparato il pranzo, servito sempre nel treno di Cadorna.
Subito dopo ebbe luogo un’altra conferenza, terminata alle
14. Foch e Cadorna si lasciarono manifestando la più viva
reciproca simpatia, e ripartirono subito per le loro sedi. Cadorna
era di ritorno al Comando Supremo di Udine alle 12.10 del 26 giugno.
Egli comunicò subito i contenuti dell’incontro al
Ministro degli Esteri Sidney Sonnino a Roma. Il documento è
importante perché illustra bene, tra le altre cose, anche
la visione strategica di Cadorna, e perciò lo riportiamo
per esteso:
«Con riferimento a una recente comunicazione di Vostra Eccellenza
circa le pretese affacciate dal governo inglese di un maggiore
sforzo da farsi da noi nella guerra per ottenere il riconoscimento
della zona italiana in Asia Minore ed alla conseguente opportunità
di inviare truppe italiane in sfere di operazione fuori dalla
fronte nostra, ho esposto al generale Foch il mio concetto e la
mia convinzione che ogni ulteriore invio di forze fuori dal teatro
di guerra italiano rappresentava una biasimevole e dannosa dispersione
di mezzi a scapito dello sforzo che deve essere fatto sulla fronte
italiana. Ho dimostrato al generale Foch che l’Italia (grazie
allo sviluppo dato, guerra durante, alle proprie forze militari),
trattiene ora, sulla propria fronte, forze nemiche doppie di quelle
che vi erano nei mesi dell’estate del 1915 e ciò
con immenso vantaggio della coalizione, e gli ho provato che il
contributo dato da noi a vantaggio della causa comune degli alleati
in Macedonia e in Albania costituisce già un ingente peso
che gli alleati dovevano ammettere ed apprezzare.
Il generale Foch ha riconosciuto pienamente la entità del
nostro sforzo militare, ed è stato con me d’accordo
nel ritenere che tutte le forze ed i mezzi disponibili debbano
essere concentrati e sfruttati sul teatro d’operazione principale,
dove più direttamente e più efficacemente deve essere
combattuto il nemico.
Ritengo pertanto che se, da parte degli alleati, si facessero
nuove premure per sollecitare un maggiore nostro contributo in
Palestina o in Macedonia, potrebbe essere opportunamente invocato
il competente giudizio del generale Foch, esplicitamente contrario
ad ogni dispersione di forze fuori del teatro principale di guerra.
2. - Col generale Foch ho trattato anche l’argomento (importantissimo
per noi) del contributo di artiglierie e munizioni che gli alleati
dovrebbero darci in determinate eventualità(1), ed ho indicato
approssimativamente la specie e la entità del contributo.
Il generale Foch ha dichiarato di essere nel mio ordine di idee
ed ha ammesso la convenienza e la possibilità che il contributo
richiesto debba esserci accordato ed io mi sono riservato di precisare
il nostro fabbisogno in materia; ma il generale Foch mi ha, nel
tempo stesso, dichiarato che è urgente che la Francia abbia
da noi un contributo di mano d’opera militare occorrente
specialmente per molti lavori che debbono, a brevissima scadenza,
essere intrapresi in Francia per preparare gli sbarchi delle truppe
americane e per predisporre l’ingente quantità di
baraccamenti dove le truppe stesse dovranno alloggiare.
In Francia la mano d’opera è così scarsa che
i lavori stessi non possono assolutamente essere eseguiti in tempo
se gli alleati non concorrono a fornire gli operai, e il generale
Foch ha con molta insistenza rappresentato che dall’Italia
si attende un valido aiuto.
Non ho mancato di osservargli che l’esperimento fatto con
l’invio dei noti 10 mila operai nella scorsa primavera non
poteva incoraggiarci a ciò; ma il generale Foch ha obiettato
(e non posso dargli torto) che lo scarso sfruttamento dei nostri
operai derivò specialmente dal fatto che si inviarono dei
manovali borghesi di pochissima capacità, mentre invece
occorrono ora operai militarizzati e specializzati; insistette
perciò nella richiesta vivamente raccomandandone l’accoglimento
come corrispettivo del contributo francese di artiglierie e munizioni.
lo debbo riconoscere la equità della richiesta e ritengo
che sarebbe nostro grande interesse il soddisfarla, tanto più
che dovendo gli operai italiani essere adibiti a lavori che occorrono
per i contingenti americani, l’opera loro sarebbe apprezzata
dal Governo degli Stati Uniti, da parte del quale noi potremmo
avere notevoli vantaggi di altro ordine.
Circa le modalità con le quali fornire il contributo richiesto,
ritengo che potrebbe consistere nell’inviare in Francia
alcuni battaglioni di zappatori del genio (sussidiati, se occorra,
da operai specialisti, reclutati tra elementi provetti e già
abituati alla disciplina militare) i quali potrebbero essere adibiti
a lavori importanti, e in zone ben determinate, sotto la direzione
di ufficiali superiori del nostro genio militare, in modo che
l’opera loro si svolgerebbe (all’infuori della diretta
ingerenza delle autorità militari francesi) sotto la responsabilità
dei naturali superiori gerarchici. Ho motivo di credere che, sotto
tale forma, il contributo italiano sarebbe accolto come preziosissimo
e ritengo che il comando francese assegnerebbe ai nostri battaglioni
compiti perfettamente adatti alle ben note, e apprezzate, capacità
tecnico-professionali del genio militare italiano.
Segnalo a V. E. la richiesta del generale Foch e La prego di volermi
far conoscere se, sulla base di quanto sopra ho esposto, il R.
Governo conviene con me nel riconoscere la opportunità
e la utilità di aderirvi, e faccio rilevare che per ottenere
dagli alleati il contributo di artiglierie ,e munizioni, di cui
tanto abbisogniamo, occorre necessariamente da parte nostra un
corrispettivo adeguato di contributo italiano dato nella forma
e nella misura delle nostre disponibilità.
Prego perciò vivamente l’E. V. di voler prendere
in attenta considerazione le presenti proposte, mettendomi in
grado di dare una risposta (che spero favorevole) al generale
Foch, col quale, intanto, io continuo le trattative per ottenere
le artiglierie e le munizioni destinate a mettere in valore le
forze di fanteria di cui disponiamo, delle quali, per deficienza
di artiglierie, non possiamo valerci come sarebbe necessario».
(1)Si temeva che in caso di tracollo russo tutte
le truppe austriache potessero gravitare sul fronte italiano.
(Fonte: I documenti diplomatici italiani, Quinta
Serie: 1914-1918, Volume VIII, 16 maggio – 31 agosto 1917,
Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato – Libreria dello
Stato, Roma 1980, pp. 301-303)
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