Prof. Andrea Saccoman
Lo scoppio e le vicende della prima guerra mondiale
diedero forza all’idea di uno stato indipendente degli slavi
del sud come alternativa all’egemonia asburgica sull’area.
Lo “jugoslavismo” era stato tra la fine dell’Ottocento
e l’inizio del Novecento un movimento che aveva esercitato
una certa attrattiva tra intellettuali e politici slavi meridionali.
Nello stesso tempo, però, si scontrava con i nazionalismi
croato e serbo, ognuno dei quali immaginava l’unificazione
di tutti i loro connazionali in una “Grande Croazia”,
per gli uni, o un “Grande Serbia”, per gli altri.
Nel dicembre 1914 il governo serbo guidato da Nikolai Pašic
(1845-1926), da Niš, dove si trovava a causa dell’invasione
austriaca, proclamò essere scopo di guerra dei serbi la
liberazione di tutti gli slavi meridionali sotto il dominio asburgico
e la loro unione con la Serbia in uno Stato degli Slavi del Sud,
lasciando appositamente cadere ogni riferimento alla “Grande
Serbia”.
Il 2 maggio 1915 si formò a Parigi un “Comitato Jugoslavo”
sotto la guida dei croati Ante Trumbic (1864-1938) e Frano Supilo
(1870-1917), con lo scopo di lavorare per una secessione dei territori
della Duplice Monarchia austro-ungarica abitati da slavi del sud.
Tuttavia le relazioni tra questo comitato e il governo serbo si
fecero presto tese a causa di posizioni contrastanti riguardo
alla forma che il futuro stato jugoslavo avrebbe dovuto assumere.
Tali tensioni portarono alle dimissioni di Supilo nel giugno 1916.
All’inizio di maggio del 1917, Pašic propose a Trumbic
di tenere una conferenza a Corfù per concordare obiettivi
politici comuni. Dal gennaio 1916 il governo serbo si trovava
a Corfù, dove era stato evacuato insieme ai resti dell’esercito
serbo sconfitto dalle forze austro-tedesco-bulgare.
I temi della conferenza furono influenzati soprattutto dagli sviluppi
internazionali: i timori suscitati dalle mire italiane sui territori
asburgici e i timori serbi di rimanere diplomaticamente isolati
nel dopoguerra.
Malgrado gli sforzi compiuti, il Comitato non era riuscito ad
avere il sostegno dei paesi dell’Intesa all’idea di
dissoluzione dell’Austria-Ungheria. La situazione era ulteriormente
aggravata dal fatto che il 30 maggio 1917, i leader politici degli
slavi meridionali all’interno della Duplice Monarchia avevano
pubblicato una dichiarazione nella quale chiedevano la formazione
di una loro entità politica autonoma ma riaffermando l’intenzione
di rimanere all’interno di una Monarchia asburgica trasformata
in “Triplice Monarchia”. La posizione del governo
serbo era poi ulteriormente indebolita dall’ormai evidente
progressiva perdita di importanza della Russia dopo la rivoluzione
del marzo 1917, poiché la Russia era stata sino ad allora
la massima protettrice dei serbi e delle loro aspirazioni.
Trumbic arrivò a Corfù all’inizio di giugno
del 1917. Seguirono sei settimane di negoziati intensi e difficili,
e il 20 luglio 1917 fu pubblicata la cosiddetta “Dichiarazione”
di Corfù.
Con essa si stabiliva di dare vita, dopo la vittoria nella guerra,
allo Stato dei Serbi, Croati e Sloveni, nella forma di una monarchia
costituzionale democratica e parlamentare sotto la dinastia dei
Karagjorgjecic, con piena uguaglianza delle varie stirpi e religioni.
Relativamente alle questioni territoriali si affermava che il
nuovo Stato doveva comprendere «tutto il territorio su cui
la nostra nazione dai tre nomi vive in masse compatte».
Tale formulazione permetteva giustificare tutte le eventuali pretese
verso i futuri vicini, ma allo stesso tempo lasciva spazio a possibili
concessioni o rinunce.
Sia il governo serbo che il comitato jugoslavo uscirono rafforzati
dalla dichiarazione, che fu considerata come il primo passo formale
verso la creazione della Jugoslavia. Essa rappresentava però
anche una sfida alle ambizioni italiane di diventare la potenza
egemone sull’Adriatico e nella regione balcanica.
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