Prof. Andrea Saccoman
17 agosto 1917:
la nota di Benedetto
XV alle potenze belligeranti
Si può dire che non vi sia studio generale
sulla prima guerra mondiale che non citi la nota del papa alle
potenze belligeranti, divenuta universalmente nota per aver definito
la guerra “inutile strage”.
Per quanto innumerevoli siano gli stralci e le parafrasi e i commenti
sul documento, ben pochi sono i luoghi in cui lo si può
leggere integralmente. Perciò lo si riporta tutto intero,
con alcune considerazioni a seguire.
Ai Capi dei popoli belligeranti.
Fino dagli inizi del Nostro Pontificato, fra gli orrori della
terribile bufera che si era abbattuta sull’Europa, tre cose
sopra le altre Noi ci proponemmo: una perfetta imparzialità
verso tutti i belligeranti, quale si conviene a chi è Padre
comune e tutti ama con pari affetto i suoi figli; uno sforzo continuo
di fare a tutti il maggior bene che da Noi si potesse, e ciò
senza accettazione di persone, senza distinzione di nazionalità
o di religione, come Ci dettano e la legge universale della carità
e il supremo ufficio spirituale a Noi affidato da Cristo; infine
la cura assidua, richiesta del pari dalla Nostra missione pacificatrice,
di nulla omettere, per quanto era in poter Nostro, che giovasse
ad affrettare la fine di questa calamità, inducendo i popoli
e i loro Capi a più miti consigli, alle serene deliberazioni
della pace, di una «pace giusta e duratura».
Chi ha seguito l’opera Nostra per tutto il doloroso triennio
che ora si chiude, ha potuto riconoscere che come Noi fummo sempre
fedeli al proposito di assoluta imparzialità e di beneficenza,
così non cessammo dall’esortare e popoli e Governi
belligeranti a tornare fratelli, quantunque non sempre sia stato
reso pubblico ciò che Noi facemmo a questo nobilissimo
intento.
Sul tramontare del primo anno di guerra Noi, rivolgendo ad Essi
le più vive esortazioni, indicammo anche la via da seguire
per giungere ad una pace stabile e dignitosa per tutti. Purtroppo,
l’appello Nostro non fu ascoltato: la guerra proseguì
accanita per altri due anni con tutti i suoi orrori: si inaspri
e si estese anzi per terra, per mare, e perfino nell’aria;
donde sulle città inermi, sui quieti villaggi, sui loro
abitatori innocenti scesero la desolazione e la morte. Ed ora
nessuno può immaginare quanto si moltiplicherebbero e quanto
si aggraverebbero i comuni mali, se altri mesi ancora, o peggio
se altri anni si aggiungessero al triennio sanguinoso. Il mondo
civile dovrà dunque ridursi a un campo di morte? E l’Europa,
così gloriosa e fiorente, correrà, quasi travolta
da una follia universale, all’abisso, incontro ad un vero
e proprio suicidio?
In sì angoscioso stato di cose, dinanzi a così grave
minaccia, Noi, non per mire politiche particolari, né per
suggerimento od interesse di alcuna delle parti belligeranti,
ma mossi unicamente dalla coscienza del supremo dovere di Padre
comune dei fedeli, dal sospiro dei figli che invocano l’opera
Nostra e la Nostra parola pacificatrice, dalla voce stessa dell’umanità
e della ragione, alziamo nuovamente il grido di pace, e rinnoviamo
un caldo appello a chi tiene in mano le sorti delle Nazioni. Ma
per non contenerCi sulle generali, come le circostanze ci suggerirono
in passato, vogliamo ora discendere a proposte più concrete
e pratiche ed invitare i Governi dei popoli belligeranti ad accordarsi
sopra i seguenti punti, che sembrano dover essere i capisaldi
di una pace giusta e duratura, lasciando ai medesimi Governanti
di precisarli e completarli.
E primieramente, il punto fondamentale deve essere che sottentri
alla forza materiale delle armi la forza morale del diritto. Quindi
un giusto accordo di tutti nella diminuzione simultanea e reciproca
degli armamenti secondo norme e garanzie da stabilire, nella misura
necessaria e sufficiente al mantenimento dell’ordine pubblico
nei singoli Stati; e, in sostituzione delle armi, l’istituto
dell’arbitrato con la sua alta funzione pacificatrice, secondo
le norme da concertare e la sanzione da convenire contro lo Stato
che ricusasse o di sottoporre le questioni internazionali all’arbitro
o di accettarne la decisione.
Stabilito così l’impero del diritto, si tolga ogni
ostacolo alle vie di comunicazione dei popoli con la vera libertà
e comunanza dei mari: il che, mentre eliminerebbe molteplici cause
di conflitto, aprirebbe a tutti nuove fonti di prosperità
e di progresso.
Quanto ai danni e spese di guerra, non scorgiamo altro scampo
che nella norma generale di una intera e reciproca condonazione,
giustificata del resto dai beneficii immensi del disarmo; tanto
più che non si comprenderebbe la continuazione di tanta
carneficina unicamente per ragioni di ordine economico. Che se
in qualche caso vi si oppongano ragioni particolari, queste si
ponderino con giustizia ed equità.
Ma questi accordi pacifici, con gli immensi vantaggi che ne derivano,
non sono possibili senza la reciproca restituzione dei territori
attualmente occupati. Quindi da parte della Germania evacuazione
totale sia del Belgio, con la garanzia della sua piena indipendenza
politica, militare ed economica di fronte a qualsiasi Potenza,
sia del territorio francese: dalla parte avversaria pari restituzione
delle colonie tedesche.
Per ciò che riguarda le questioni territoriali, come quelle
ad esempio che si agitano fra l’Italia e l’Austria,
fra la Germania e la Francia, giova sperare che, di fronte ai
vantaggi immensi di una pace duratura con disarmo, le Parti contendenti
vorranno esaminarle con spirito conciliante, tenendo conto, nella
misura del giusto e del possibile, come abbiamo detto altre volte,
delle aspirazioni dei popoli, e coordinando, ove occorra, i propri
interessi a quelli comuni del grande consorzio umano.
Lo stesso spirito di equità e di giustizia dovrà
dirigere l’esame di tutte le altre questioni territoriali
e politiche, nominatamente quelle relative all’assetto dell’Armenia,
degli Stati Balcanici e dei paesi formanti parte dell’antico
Regno di Polonia, al quale in particolare le sue nobili tradizioni
storiche e le sofferenze sopportate, specialmente durante l’attuale
guerra, debbono giustamente conciliare le simpatie delle nazioni.
Sono queste le precipue basi sulle quali crediamo debba posare
il futuro assetto dei popoli. Esse sono tali da rendere impossibile
il ripetersi di simili conflitti e preparano la soluzione della
questione economica, così importante per l’avvenire
e pel benessere materiale di tutti gli stati belligeranti. Nel
presentarle pertanto a Voi, che reggete in questa tragica ora
le sorti dei popoli belligeranti, siamo animati dalla cara e soave
speranza di vederle accettate e di giungere così quanto
prima alla cessazione di questa lotta tremenda, la quale, ogni
giorno più, apparisce inutile strage. Tutti riconoscono,
d’altra parte, che è salvo, nell’uno e nell’altro
campo, l’onore delle armi; ascoltate dunque la Nostra preghiera,
accogliete l’invito paterno che vi rivolgiamo in nome del
Redentore divino, Principe della pace. Riflettete alla vostra
gravissima responsabilità dinanzi a Dio e dinanzi agli
uomini; dalle vostre risoluzioni dipendono la quiete e la gioia
di innumerevoli famiglie, la vita di migliaia di giovani, la felicità
stessa dei popoli, che Voi avete l’assoluto dovere di procurare.
Vi inspiri il Signore decisioni conformi alla Sua santissima volontà,
e faccia che Voi, meritandovi il plauso dell’età
presente, vi assicuriate altresì presso le venture generazioni
il nome di pacificatori.
Noi intanto, fervidamente unendoCi nella preghiera e nella penitenza
con tutte le anime fedeli che sospirano la pace, vi imploriamo
dal Divino Spirito lume e consiglio.
Dal Vaticano, 1° agosto 1917.
BENEDICTUS PP. XV
Il documento reca la data del 1°
agosto, ma fu consegnato ai rappresentanti del
Regno Unito e del Belgio il 9 agosto
e lo stesso giorno spedito al nunzio apostolico a Monaco di Baviera.
Fu pubblicato sui quotidiani italiani il mattino del 17
agosto.
Non era il primo appello per la pace fatto da Benedetto XV (Giacomo
Della Chiesa, 1854-1922) nel corso della guerra, da quando era
stato eletto papa il 3 settembre 1914, ma per la prima volta venivano
fatte delle proposte concrete. L’accoglienza di tutti i
governi belligeranti indistintamente fu nella migliore delle ipotesi
fredda, spesso ostile. In Francia fu giudicata troppo favorevole
alle potenze centrali. Germania e Austria-Ungheria risposero in
modo formalmente favorevole ai punti di carattere generale ma
non erano disposte alla benché minima concessione sui punti
specifici. Gli Stati uniti risposero in modo sostanzialmente negativo.
Gli altri governi dell’Intesa non si diedero nemmeno la
briga di architettare una risposta ufficiale.
Il punto essenziale era che quanto più la guerra era divenuta
totale, con i suoi immani sacrifici da parte di tutti i combattenti,
tanto più diventava difficile una pace di compromesso:
anzi, nell’agosto 1917 essa era ormai, di fatto, impossibile.
Perciò, malgrado l’enorme risonanza, la Nota rimase
senza conseguenze, al punto che il papa non fece più alcun
intervento pubblico sino alla fine della guerra.
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