Prof. Andrea Saccoman
Dopo oltre due anni di blocco dell’Adriatico
da parte delle potenze dell’Intesa, l’Impero Austro-Ungarico
cominciava a patire la fame, oltre che avere carenza di merci
di ogni genere. Dal maggio del 1915 gli equipaggi della Marina
erano chiusi nelle loro basi dell’Istria e della Dalmazia,
e ne soffrivano in special modo i marinai delle navi più
grandi, che non erano pressoché mai uscite dai porti dall’inizio
della guerra.
Le razioni furono ridotte nel gennaio 1917 e poi ulteriormente
nel gennaio 1918. Un crescente malcontento si diffuse tra i marinai,
anche perché gli ufficiali godevano di condizioni di vita
incomparabilmente migliori.
Lungo tutto il mese di gennaio del 1918 scioperi e disordini ebbero
luogo in molte località dell’Impero, e anche a Pola,
la principale base navale della Marina militare austro-ungarica.
Ad ogni modo, entro la fine del mese il lavoro riprese e l’ordine
fu ristabilito.
Nella base di Cattaro, però, a mezzogiorno del 1° febbraio
1918, cominciò un ammutinamento sull’ammiraglia della
squadra ancorata nel porto, la nave da battaglia di 2a classe
(o incrociatore corazzato) Sankt Georg (7300 tonnellate di dislocamento,
22 nodi di velocità massima, due cannoni da 240 millimetri
e cinque da 190 come armamento principale, 628 uomini di equipaggio).
Due ore dopo, con un livello relativamente basso di violenza (solo
un certo numero di ufficiali feriti), la bandiera rossa sventolava
su tutte le navi presenti. Tuttavia, solo un ufficiale della riserva
aderì alla rivolta, tutti gli altri vi si opposero.
Gli ammutinati presentarono al comandante della squadra di Cattaro,
contrammiraglio Alexander Hansa una serie di richieste: metà
riguardavano miglioramenti nelle condizioni di servizio, metà
erano politiche, ispirate ai Quattordici Punti del Presidente
americano Wilson e alla rivoluzione bolscevica, come la pace immediata
senza annessioni né indennità e l’autonomia
nazionale. Hansa accettò la maggior parte delle richieste
prive di contenuto politico, ma gli ammutinati più radicali,
guidati dal nostromo moravo Franz Rasch (Raš), decisero di
proseguire nell’ammutinamento.
Intanto la guarnigione dell’esercito di stanza a Cattaro
e il comando della Marina militare avevano preso provvedimenti
per reprimere la rivolta il più in fretta e il più
drasticamente possibile. Le batterie costiere furono puntate in
modo da impedire alle navi ribelli di lasciare il porto, e in
poco tempo gli equipaggi del naviglio minore rientravano nei ranghi.
Per sopprimere la rivolta il comando della marina inviò
da Pola tre corazzate con equipaggi fedeli: non appena le videro
entrare nella baia con la bandiera di guerra issata, gli ammutinati
si arresero e il contrammiraglio Hansa fu liberato. Quattro ammutinati,
ritenuti i capi della rivolta, tra i quali Rasch, furono giustiziati
l’11 Febbraio 1918. 800 marinai furono sbarcati coattivamente
e demansionati: 392 tra questi furono processati, condannati e
incarcerati. Restarono in prigione fino alla caduta dell’Impero,
alla fine di ottobre.
L’Imperatore Carlo I (1887–1922), succeduto a Francesco
Giuseppe morto il 21 novembre 1916, ordinò una immediata
inchiesta e decise di epurare la Marina militare dalle «teste
marce». Nominò come nuovo comandante della flotta
il fedelissimo contrammiraglio Miklos Horthy (1868–1957);
gli ufficiali superiori dovettero dimettersi o accettare impieghi
a terra e furono sostituiti da personale di provata fedeltà,
«ufficiali educatori» furono inviati a bordo delle
navi per prevenire ogni tipo di sovversione. Dopodiché
la Marina da guerra austro-ungarica rimase tranquilla e disciplinata
fino all’ultimo minuto della guerra.
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