Prof. Andrea Saccoman
Alle 4.40 antimeridiane del 21 marzo 1918 i colpi di 6608 pezzi
d’artiglieria e 3534 mortai da trincea, o bombarde che dir
si voglia, annunciarono l’inizio dell’offensiva tedesca
sul fronte occidentale, nome in codice “Michael”,
offensiva che avrebbe dovuto condurre la Germania alla vittoria
prima che le truppe americane arrivassero in misura tale da ribaltare
l’equilibro delle forze. In quel momento erano in Francia
287.000 soldati americani, ma solo tre divisioni erano operative
e nessuna di queste nei pressi del campo di battaglia.
Alle 9.40 del mattino 76 divisioni tedesche appoggiate da 1070
aeroplani andarono all’assalto delle posizioni anglo-francesi
tra Arras e La Fére, lungo un tratto di fronte di circa
ottanta chilometri, usando le stesse tattiche vittoriose di Riga
e Caporetto.
Lungo l’asse principale dell’attacco si trovavano
le truppe della Quinta Armata britannica comandata dal generale
Hubert de la Poer Gough (1870-1963): contro le sue 17 divisioni
(11 in prima linea e 6 di riserva, della quali 3 di cavalleria)
si scagliarono non meno di 37 divisioni tedesche.
Nel mondo di lingua inglese è divenuta quasi leggendaria
la resistenza del 16° battaglione del Manchester Regiment,
che difendeva la posizione denominata Manchester Hill, poco a
ovest di St. Quentin. Il controllo dell’altura era importante
in quanto dominava la strada che da St. Quentin portava a Ham.
Il battaglione era comandato dal tenente colonnello Wilfrith Elstob,
volontario nel 1914. Pochi giorni prima, indicando la lavagna
che indicava le posizioni della quattro compagnie del battaglione
(denominate, secondo l’uso inglese, A, B, C e D), pare avesse
detto: «Qui si trova il quartier generale del battaglione.
Qui combatteremo e qui moriremo».
La nebbia fitta, i fumogeni, il bombardamento, e l’uso di
aggressivi chimici di vario tipo (cloro, fosgene, iprite), resero
impossibile al battaglione vedere avanzare i soldati tedeschi.
Alle 8.30 del mattino al comando del battaglione arrivò
la notizia che la compagnia A era circondata. Dopo alcuni minuti
anche la compagnia B subì lo stesso destino. Quando la
nebbia si alzò, intorno alle 11.30, si riuscì a
vedere il nemico avanzare in numero soverchiante. Usando l’unica
comunicazione telegrafica rimasta Elstob riferì al comando
di brigata: «Il Manchester Regiment difenderà Manchester
Hill fino all’ultimo uomo».
Che egli abbia davvero detto quelle parole non si potrà
mai verificare, ma in ogni caso fu ciò che accadde. Elstob
stesso uccise da solo tutti i soldati di una pattuglia nemica
a colpi di revolver e, benché ferito, continuò a
combattere insieme ai suoi soldati col fucile e con le bombe a
mano, prima di essere ucciso da un cecchino intorno alle 15.30.
Alle quattro del pomeriggio gli ultimi uomini del 16° battaglione,
accerchiati, logori, laceri e molti di loro feriti, si arresero.
Dei 23 ufficiali e 717 uomini di truppa che costituivano il battaglione
alla vigilia della battaglia, non meno di 22 ufficiali e 601 uomini
risultarono morti o feriti.
Se fosse sopravvissuto, Elstob avrebbe compiuto trent’anni
nel successivo settembre. Alla memoria gli fu conferita la Victoria
Cross. Aveva già ricevuto, durante la guerra, il Distinguished
Service Order e la Military Cross. Il suo corpo non fu mai più
ritrovato.
L’esempio del 16° battaglione Manchester non fu isolato:
in quella giornata morirono dieci tenenti colonnelli comandanti
di battaglione di fanteria, a riprova della lotta fino all’ultima
cartuccia e all’ultimo uomo, o quasi, ingaggiata da molti
reparti britannici. Però era anche indizio di qualche cosa
nell’addestramento che non era andato, o non andava più,
per il verso giusto: i comandanti di battaglione furono costretti
a combattere fianco a fianco dei loro soldati fino al sacrificio
supremo perché gli ufficiali inferiori, i sottufficiali
e i graduati non erano stati in grado in grado di fare lo stesso
con altrettanto vigore. Reparti solidi non avrebbero dovuto perdere
una così alta proporzione di ufficiali superiori.
In quel primo giorno di battaglia, i tedeschi avanzarono di sette
chilometri e fecero circa 21.000 prigionieri, risultati eccezionali
per gli standard della prima guerra mondiale sul fronte occidentale.
Alla sera la Quinta Armata aveva ceduto su tutta la linea e il
giorno dopo Gough ordinò la ritirata dietro il corso del
fiume Somme. La ritirata però scoprì il fianco destro
della Terza Armata del generale Julian Hedworth George Byng (1862-1935),
e quindi anch’essa fu costretta ad arretrare.
Dopo i primi quattro giorni i tedeschi avevano guadagnato circa
23 chilometri. A quel punto il comando supremo tedesco decise
di spostare il peso principale dell’offensiva a sud del
fiume Somme, dove la Diciottesima Armata del generale Oskar von
Hutier (1857-1934) stava ottenendo i risultati più importanti.
Hutier continuò la pressione e il 27 marzo occupò
Montdidier, ma oramai le sue truppe erano logore e i rifornimenti
cominciavano a tardare per l’immancabile allungamento della
linea di operazioni.
Il 4 aprile 1918 i tedeschi arrestarono l’offensiva. Nel
punto di maggiore penetrazione erano avanzati di quasi 65 chilometri.
Erano stati sul punto di ottenere il risultato strategico che
si erano proposti: separare le unità britanniche da quelle
francesi e schiacciare le prime contro le coste del mare del Nord.
Però non ci erano riusciti. La Quinta Armata britannica
era stata pressoché annientata. In cifre tonde, i tedeschi
fecero 70.000 prigionieri, catturarono 1300 pezzi d’artiglieria
e inflissero perdite pari a 160.000 uomini tra morti e feriti.
E tuttavia l’obiettivo non era stato raggiunto e le perdite
tedesche, sebbene in assoluto minori, erano più difficili
da colmare, perché le riserve stavano per finire, mentre
gli Alleati potevano contare sugli americani che arrivavano al
ritmo medio di circa 200.000 al mese. Quella che doveva essere
l’offensiva per la vittoria fu invece l’inizio della
fine per l’esercito tedesco.
La cosiddetta “Operazione Michael” è chiamata
anche, a seconda della nazionalità o dell’inclinazione
degli autori, “Seconda battaglia della Somme”, “Seconda
battaglia di Piccardia” o anche “Battaglia di Noyon-Montdidier”.
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