Prof. Andrea Saccoman
Alfredo
Dallolio era nato a Bologna il 21 giugno 1853 in una famiglia
di tradizione patriottica e liberale. Entrato all’Accademia
Militare di Artiglieria e Genio nel 1870, ne usciva sottotenente
d’artiglieria nel 1873 (ma con anzianità 16 luglio
1872). Percorse con regolarità la carriera nell’Arma
di Artiglieria, senza particolari accelerazioni poiché
non frequentò i corsi della Scuola di Guerra e quindi non
entrò nel Corpo di Stato Maggiore. Le sue eccellenti qualità
gli meritarono in ogni caso di divenire Maggiore Generale per
promozione a scelta eccezionale il 22 maggio 1910. Il 4 maggio
1911 divenne direttore generale di artiglieria e genio al ministero
della Guerra e tenne ininterrottamente l’incarico fino al
9 luglio 1915. In tale ruolo si occupò dell’approvvigionamento
e della conservazione per l’esercito di tutte le armi, le
munizioni, il materiale tecnico, i mezzi di trasporto e di comunicazione.
Aveva avuto modo di acquisire una conoscenza approfondita delle
condizioni, dell’organizzazione, e dei problemi dirigenziali
delle industrie militari e private impegnate nella produzione
delle armi e dei nuovi mezzi di trasporto, di offesa e di comunicazione
(artiglierie a tiro rapido, mitragliatrici, automobili, aeroplani,
telefonia e radiofonia). Aveva anche compreso la nuova situazione
economica e di mercato che per queste industrie si era creata,
totalmente dipendenti dallo Stato per la progettazione e la vendita
della produzione. Il 7 agosto 1914 era stato promosso Tenente
Generale per merito eccezionale.
Con regio decreto 9 luglio 1915 n. 1065 fu istituito il Comitato
supremo per i rifornimenti delle armi e munizioni (composto dal
presidente del Consiglio e dai ministri degli Affari Esteri, del
Tesoro, della Guerra e della Marina) e, all’interno del
ministero della Guerra, il sottosegretariato per le Armi e Munizioni,
che aveva però poteri maggiori rispetto alla prassi istituzionale,
non agendo per delega del ministro della Guerra ma alle dirette
dipendenze del Comitato supremo. Il 9 luglio stesso Dallolio fu
chiamato a reggere il sottosegretariato, nell’ambito del
secondo gabinetto Salandra (5 novembre 1914 – 19 giugno
1916), e continuò a ricoprirlo nel successivo gabinetto
Boselli (19 giugno 1916 – 29 ottobre 1917). Il 23 febbraio
1917 fu nominato senatore. Per maggiore funzionalità, il
16 giugno 1917 al posto del sottosegretariato fu istituito il
Ministero per le Armi e Munizioni e Dallolio ne assunse il portafogli,
confermato nel successivo gabinetto Orlando.
Dal luglio del 1915 al maggio 1918 Dallolio quindi non fu solo
l’organizzatore tecnico di tutta la produzione bellica,
ma anche il responsabile politico di un nuovo e importantissimo
settore dell’amministrazione dello Stato. Egli mostrò
eccezionali capacità organizzative, una straordinaria capacità
di lavoro e una fermezza di carattere fuori dal comune. Aveva
capito che nella guerra moderna a fianco dell’esercito combattente
l’esercito della produzione aveva un peso non minore ai
fini del conseguimento della vittoria.
Forte del margine d’autonomia istituzionale del suo sottosegretariato
Dallolio creò uno strumento efficiente ed elastico di propulsione,
coordinamento e controllo della produzione per la guerra, capace
di coinvolgere in modo trainante il settore degli industriali,
interessandolo, e di evitare l’opposizione conflittuale
del settore della manodopera, controllandolo.
La direzione generale di artiglieria e genio, l’ispettorato
generale delle costruzioni d’artiglieria, e, col 1°
ottobre 1915, la direzione generale d’aeronautica, passarono
alle dipendenze del sottosegretariato per le Armi e Munizioni,
cui competeva l’acquisto all’interno e all’estero
delle materie prime, l’ampliamento e la disciplina di maestranze
e dirigenti degli stabilimenti, l’amministrazione generale.
Le scelte tecniche della produzione, l’affidamento delle
commissioni alle aziende private, la stipulazione dei contratti
erano centralizzati nel sottosegretariato; il coordinamento periferico
della produzione ed il suo controllo tecnico erano decentrati
con la nomina di capigruppo per le ripartizioni, direttori di
stabilimenti militari, uffici di vigilanza.
Dallolio realizzò un sistema che permise di concentrare
in una sola struttura statale le competenze relative all’intero
ciclo della produzione bellica, alle vertenze sindacali, ai rapporti
economici dello Stato coi privati, agli esoneri militari ed alle
deroghe. E allo stesso tempo decentrò, coi comitati regionali
resi agili perché svincolati da altre amministrazioni militari
e civili, la spinta propulsiva e l’organizzazione del lavoro.
L’efficacia di questo nuovo apparato dello Stato fu indubbia:
i timori degli industriali per la libertà d’impresa
e la requisizione dell’azienda cessarono di fronte alla
possibilità di ottenere prezzi più che remunerativi,
materie prime a pagamento dilazionato, anticipi sui pagamenti,
contributi all’ammortamento dei nuovi impianti, sgravi fiscali.
Per il mondo del lavoro, nel quadro delle ristrettezze e della
disciplina di guerra che gravavano sul paese, di contro a prolungamenti
di orario e al divieto di sciopero e di libera contrattazione
stavano garanzie di equa paga, di assistenza e previdenza, di
esonero dall’invio al fronte, e il rafforzamento del sindacato
per l’afflusso di nuove maestranze anche femminili e per
la sua funzione di rappresentanza di categoria. Alla fine del
1915 gli stabilimenti ausiliari ammontavano a 221, saliti a 797
a fine giugno 1916, ed a fine dicembre a 998 con circa 400.000
dipendenti, contro 66 stabilimenti militari con circa 34.000 operai.
A fine giugno 1917 erano 1.463, per arrivare a fine dicembre a
1.708, ed ammontare alla fine della guerra a 1965 con circa 1.200.000
dipendenti (di cui 279.000 donne e ragazzi, 565.000 uomini senza
obblighi di leva e 358.000 esonerati e militari comandati).
Il Ministro del Tesoro nel Governo Orlando, Francesco Saverio
Nitti, voleva però coordinare tutta la politica economica
ed esercitare un maggiore controllo della spesa pubblica: intraprese
quindi un’azione di revisione dei criteri di costo e gestione
della produzione di guerra, che si tradusse ben presto in dure
critiche e crescenti dissensi con Dallolio. Tra il marzo e l’aprile
1918 l’ispettore generale del Tesoro compì accertamenti
contabili nel Ministero delle Armi e Munizioni; alcuni ufficiali
e funzionari finirono sotto processo; il 25 aprile 1918 il deputato
Cesare Nava presentò un’interpellanza e un’interrogazione
sull’argomento; infine l’istituzione del comitato
di revisione per il controllo sulla gestione e contabilità
del ministero fu la goccia che fece traboccare il vaso e Dallolio
diede le dimissioni il 14 maggio 1918.
Messo a disposizione del Comando Supremo, Dallolio dapprima girò
il fronte come una sorta di ispettore d’artiglieria. Fu
poi comandante generale dell’artiglieria dal 17 novembre
1918 al 3 settembre 1920 quando fu collocato in posizione ausiliaria
speciale nell’ambito dei provvedimenti di riduzione dei
quadri militari.
Nel dicembre 1922 la commissione parlamentare d’inchiesta
per le spese di guerra concluse i lavori formulando sull’operato
di Dallolio un giudizio del tutto positivo e molto lusinghiero,
oltre a un caloroso ringraziamento.
Richiamato in servizio il 4 febbraio 1923 fu nominato presidente
del Comitato per la preparazione della mobilitazione nazionale.
Dal 1923 al 1939 fu presidente del Comitato per la Mobilitazione
civile e poi Commissario generale per le fabbricazioni di guerra:
influì però in modo relativo sulla dotazione e sull’approntamento
degli armamenti e sull’organizzazione e coordinamento dell’industria
connessa.
Anche l’Italia fascista era un Paese debole sul piano finanziario
e dipendeva dall’estero per il rifornimento di materie prime
ed energetiche. Ciò influiva e condizionava non solo la
politica economica e la politica estera, ma anche la politica
bellica fino alla stessa progettazione e produzione degli armamenti.
Bisogna poi considerare che l’assetto dello Stato fascista,
basato sul principio del divide et impera, ostacolò il
reciproco collegamento tra esercito, marina ed aeronautica e rese
impossibile l’armonizzazione dei rispettivi programmi d’armamento.
Tra il novembre 1937 e il gennaio 1938, per esempio, Dallolio
dovette insistere e convocare ben quattro incontri coi rappresentanti
delle forze armate prima di ottenere gli specchi definitivi dei
programmi necessari per quantificare fabbisogno e ripartizione
delle materie prime alle industrie. Il «Programma delle
nuove costruzioni di artiglieria e attrezzature industriali relative»,
che Dallolio consegnò a Mussolini il 1° settembre 1938,
riguardava materiali studiati e collaudati nel 1934, costruiti
in piccola serie nel 1936, prodotti in serie nel 1940 e con gli
impianti ultimati soltanto nel 1942. La differenza di efficienza
rispetto al precedente conflitto mondiale era nettissima.
Il 3 settembre 1939 Dallolio si dimise, sia perché aveva
ottantasei anni suonati, sia perché la sua antica avversione
per ciò che era teutonico, derivata dal suo patriottismo
di matrice risorgimentale, gli rendeva inaccettabile la prospettiva
di combattere a fianco della Germania, sia perché infine,
era consapevole degli errori fatali commessi da regime nella preparazione
delle forze armate. Sino a quel momento aveva conservato a titolo
eccezionale gli assegni del grado e aveva continuato a indossare
il berretto con le insegne di grado del 1918. Morì a Roma
il 20 settembre 1952, lucidissimo fino a due giorni prima.
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