I tedeschi iniziano la
"Operazione Blücher"

Prof. Andrea Saccoman

La battaglia di sfondamento dello Chemin des Dames, nome in codice Blücher, cominciata il 27 maggio 1918, aveva come obiettivi Compiègne, Reims e infine Parigi, e drenare nel contempo le riserve francesi all’esercito britannico, il cui annientamento restava in linea di principio l’obiettivo ultimo del comando tedesco di Erich Ludendorff e Paul von Hindenburg.
L’operazione fu caratterizzata dal più poderoso concentramento tedesco d’artiglieria di tutta la guerra. Due milioni di proiettili furono trasportati al fronte e un totale di 1100 batterie li consumarono nell’arco di quattro ore e mezza. Le 15 divisioni della Settima Armata del generale Hans von Boehn ebbero rapidamente ragione della Sesta Armata francese comandata dal generale Denis Duchêne sulle posizioni dello Chemin des Dames e del fiume Aisne e poi si fermarono a Fismes sul fiume Vesle la sera del primo giorno della battaglia. Gettando alle ortiche l’esperienza di tre anni di guerra di posizione, il generale Duchêne aveva gettato, e sprecato, il grosso delle sue truppe nella difesa delle posizioni avanzate.
Gli Alleati restarono storditi dal colpo tedesco. Ludendorff sfruttò subito il successo tattico trasformando l’attacco secondario sullo Chemin des Dames nella grande battaglia detta di Soissons-Reims. In cinque giorni i tedeschi avanzarono sino a Château-Thierry sulle rive della Marna, 90 chilometri esatti di strada da Parigi. Fecero oltre 50.000 prigionieri e tagliarono il collegamento ferroviario Parigi-Nancy. Soissons fu presa il 29 maggio sebbene Reims restasse in mano francese. Al principio di giugno i soldati tedeschi si ritrovarono quasi sulle stesse posizioni raggiunte e poi abbandonate nel settembre 1914. Il fronte alleato era arretrato di circa cinquanta chilometri. Parigi sembrò di nuovo in pericolo e il panico spinse circa un milione di abitanti a lasciare la città. Il famoso cannone Krupp da 210 millimetri con una gittata di oltre 120 chilometri sparò su Parigi dalla foresta di Crépy per tutto il tempo della battaglia, facendo in realtà pochi danni materiali, ma spaventando a morte i civili francesi e aggiungendo materiale propagandistico contro la “barbarie degli Unni”, come fin dall’inizio la stampa alleata aveva chiamato le vere o supposte atrocità compiute dai tedeschi nel corso della guerra.
L’Alto Comando tedesco continuava a passare da un successo tattico all’altro, ma dava l’idea di non avere la minima idea di come vincere la guerra o arrivare comunque a un risultato decisivo. Si era di fronte a un dilemma: riorganizzare le forze e spingere i britannici con le spalle alla Manica, l’obiettivo dell’operazione Michael, l’offensiva di marzo che i lettori ricorderanno, oppure sfruttare il successo tattico espandendo il saliente della Marna per arrivare a Parigi? Il secondo obiettivo era troppo invitante per rinunciarvi e si decise per esso. Le forze tedesche si trovavano ora a 145 chilometri dai terminali delle linee ferroviarie che trasportavano i loro rifornimenti.
Il 9 giugno 1918 la Diciottesima Armata del generale Hutier e la Settima del generale Boehn attaccarono tra Noyon e Montdidier (nome in codice dell’operazione Gneisenau), poco a ovest del saliente della Marna. Dopo quattro ore del devastante bombardamento divenuto oramai un marchio di fabbrica delle tattiche tedesche, la fanteria si mosse sotto il fuoco di accompagnamento dell’artiglieria al ritmo di cento metri ogni 3-6 minuti. La nebbia e le nubi di gas aleggianti sul campo di battaglia intralciarono l’assalto. Il 9 giugno i tedeschi avanzarono di circa dieci chilometri, ma due giorni dopo il generale Ferdinand Foch, comandante in capo delle armate alleate, lanciò una controffensiva a Château-Thierry e verso il bosco di Belleau con il sostegno di carri armati e della 2a e 3a divisione degli Stati Uniti. Il generale Pershing, il comandante americano, fu contento che le sue truppe, secondo lui «superiori», fossero, dopo lunga attesa, in grado di aiutare sul campo i logori eserciti alleati europei. E così ancora una volta l’esercito tedesco fu fermato quasi alle porte di Parigi, ancor più dissanguato e logorato che nel 1914.
I tedeschi avevano perso complessivamente 209.435 uomini. Il fronte da Verdun alle Fiandre si era esteso di altri 120 chilometri. Il Ministro della Guerra avvertì che le truppe d’assalto si erano polverizzate nei combattimenti e pretese che 13 battaglioni fossero sciolti. Ludendorff ne convenne e inserì i resti di quei reparti nelle restanti divisioni di prima linea. Ci furono crescenti casi di indisciplina; reparti di una divisione della riserva dipinsero “guardie rosse” ispirate alla rivoluzione bolscevica sulle fiancate delle carrozze ferroviarie dirette al fronte. La polizia di Berlino mandava al Governo rapporti nei quali si diceva che la popolazione civile aveva oramai un solo pensiero: la fine della guerra ad ogni costo, perché la maggior parte temeva un altro inverno di guerra.
Il Comando Supremo tedesco era consapevole che l’esito della guerra era in equilibrio precario e non era disposto a tollerare nessuna critica al proprio operato da parte delle autorità civili. Perciò, quando il Ministro degli Esteri Richard von Kühlmann comunicò al Reichstag, il 24 giugno 1918, la propria convinzione che non era più possibile porre termine alla guerra con i soli strumenti militari, Hindenburg e Ludendorff riuscirono a farlo dimettere l’8 luglio. Sarebbe stata la loro ultima vittoria politica.