I problemi transnazionali del dopoguerra

Prof. Andrea Saccoman

Per Italia, Gran Bretagna, Francia e Stati uniti le maggiori preoccupazioni all’indomani del primo conflitto mondiale provenivano dalla disintegrazione dei grandi imperi dell’Europa centrale e orientale e dalla minaccia del comunismo.
La “Paura dei Rossi” fu un elemento importante della storia dei primi anni del dopoguerra. La paura fu alimentata anche dal crescere, nello stesso periodi, della conflittualità operaia in molti paesi. Per esempio, in Francia, nella primavera del 1919, si verificarono i più grandi scioperi nella storia dell’industria metalmeccanica francese. Lo sciopero generale di Winnipeg che durò dal 15 maggio al 25 giugno 1919, causato dalla crescita dell’inflazione che fu comune a tutti i belligeranti nel dopoguerra, fu un evento capitale nella storia del movimento dei lavoratori in Canada. Negli Stati uniti, nel solo 1919, vi furono quasi 3600 eventi violenti causati da conflitti sociali.
Nella primavera del 1919 oltre 10.000 persone fuggirono da Odessa in Turchia a causa della guerra civile in Russia. Altri 150.000 seguirono dopo la sconfitta delle Armate bianche nella Russia meridionale nel novembre 1920. Sempre nel 1919, altri cittadini russi fuggirono lungo la frontiera russo-polacca a causa dei pogrom che causarono la morte di circa il 10% degli ebrei ucraini. La guerra russo-polacca del 1920-21 causò altri movimenti di popolazione, dapprima polacchi che cercavano scampo dai combattimenti, e poi di russi che fuggivano la tremenda carestia che infuriò nella regione del Volga, nella Transcaucasia e in Ucraina nel 1921. Nell’autunno 1920 oltre mezzo milione di profughi arrivò in Germania dalla Polonia e dagli stati baltici (Estonia, Lettonia, Lituania). Chi aveva abbastanza denaro per proseguire ripartì per la Francia, dove 80.000 russi si stabilirono definitivamente, e per la Gran Bretagna.
Queste persone in fuga avevano documenti d’identità dell’Impero russo, che non esisteva più, oppure avevano perso letteralmente tutto, compresi i documenti, nel corso della guerra civile, oppure si erano visti togliere la cittadinanza dal governo bolscevico, che nel dicembre 1921 aveva intrapreso una campagna contro i “nemici politici”. Nacque una nuova categoria giuridica, quella dell’apolide.
Per affrontare il problema, nel luglio 1922 fu creato il “Certificato Nansen”, dal nome del diplomatico norvegese Fridtjof Nansen che dal 1921 era stato Alto Commissario per i rifugiati russi della Lega delle Nazioni.
Il Certificato Nansen non era un passaporto, in quanto non consentiva ai suoi possessori di tornare nel paese che glielo aveva concesso. Inoltre, i beneficiari erano soggetti alle leggi restrittive sull’immigrazione come chiunque altro, come il sistema delle quote applicato negli Stati uniti dal 1921 al 1924. Non erano insomma considerati come “richiedenti asilo”. E tuttavia tale documento, esteso agli Armeni nel 1924 e poi agli Assiro-Caldei, rappresentò una rivoluzione nel diritto internazionale e rese istituzionale il campo degli aiuti umanitari internazionali.
La Lega delle Nazioni, nata con il Trattato di Versailles, suscitò grandi speranze, e il flusso dei profughi nel dopoguerra fu il primo grande problema con il quale dovette confrontarsi. Senza la possibilità di applicare efficaci sanzioni per coloro che infrangevano le leggi internazionali e priva di forze armate che riportassero la pace nei teatri di conflitto, la Lega delle Nazioni non poté raggiungere l’obiettivo per il quale era stata fondata, quello di un’elevata moralità internazionale.
E tuttavia la Lega riuscì se non altro ad elevare a questione internazionale e transnazionale le più importanti questioni sociali. Una delle più dinamiche agenzie della Lega fu infatti l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), creata dall’articolo 13 del trattato di Versailles.
Il programma della prima conferenza internazionale sul lavoro tenuta a Washington nell’ottobre-novembre 1919, dà un’idea della vastità degli obiettivi dell’Organizzazione: la giornata lavorativa di otto ore, la riduzione della disoccupazione, adeguata protezione delle donne in gravidanza e dopo il parto, proibizione di impiegare donne e minori nel lavoro notturno e in lavori pericolosi per la salute, istituzione di un’età minima per il lavoro industriale ovunque non esistesse già.
L’ILO si fece interprete dell’aspirazione per un mondo migliore che era molto diffusa subito dopo la guerra. Dietro la ricerca della giustizia sociale stava l’ambizione di un mondo libero dalla guerra. il motto dell’ILO era Si vis pacem, cole justitiam: “Se vuoi la pace, coltiva la giustizia”.