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MANGIAR
SI DEVE
Comitato
per il Centenario
Gruppo Alpini Milano Centro
sez. ANA di Milano
in
collaborazione con
Comando Militare Esercito Lombardia
Convegno
sull'alimentazione dei combattenti
nella Grande Guerra
ABSTRACT
Moderatore
Prof. Gastone Breccia
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Il
cibo e la trincea: come il caffè è entrato nella colazione
degli italiani e come il riso è stato respinto dalle tavole
del sud
Alessandro
Marzo Magno
scrittore e giornalista |
La
trincea è il primo grande fattore unificante dopo l’Unità
d’Italia. E lo è anche per quanto riguarda le abitudini
alimentari. Alcuni alimenti passano, altri vengono fermati. Il bollito,
per esempio: molti soldati dell’Italia meridionale vengono
per la prima volta in contatto con il bollito nelle trincee del
Carso o del Piave. Ma i casi più eclatanti sono quelli del
caffè e del riso. Il caffè diventa la prima colazione
di tutti gli italiani dopo la fine della guerra, quando i fanti
tornano a casa e trasmettono anche ai loro familiari l’abitudine
di bere caffè al mattino. Il riso, invece, viene respinto
dai soldato meridionali che, una volta tornati a casa, non ne vogliono
più sapere di quella roba da «sciacquapanza»
che arrivava in prima linea colloso e stracotto. |
Il
cibo, l’alimentazione e le corvée nei tratti grafici
di pittori-soldati al Fronte Italiano
Alice
Colombo e Francesca Del Maestro
ricercatrici dell’arte
Museo del Risorgimento, Milano |
Attraverso
l’analisi di alcuni disegni di pittori-soldato che parteciparono
alla Prima Guerra Mondiale verrà presentato il tema dell’alimentazione
dei combattenti al fronte.
Dopo aver descritto il luogo di conservazione delle opere grafiche,
ovvero l’Archivio di Storia Contemporanea già “Archivio
della Guerra” conservato presso le Civiche Raccolte Storiche
di Milano (CRS), e dopo la presentazione del lavoro da noi svolto
durante l’anno di Servizio Civile Nazionale presso le stesse
CRS, verranno illustrate alcune caratteristiche tipiche dei tratti
grafici di due artisti da noi selezionati: Michele Cascella e Alberto
Salietti.
La volontà, presente in questi artisti, di documentare la
guerra e l’attenzione da essi posta nella rappresentazione
di scene di vita quotidiana stanno alla base della nostra esposizione
e ci hanno condotto verso la selezione di sette particolari disegni,
su un totale di 26 e 60, rispettivamente di Salietti e di Cascella,
presenti nell’archivio. “Soldati che mangiano il rancio”,
“Cucina 2° alpini B. Argentera a Castione (le marmitte
sono pronte nelle casse)”, “Mangiano scatolette e pancetta”
di Cascella; “La mensa del battaglione”, “Il comando
del battaglione complementare”, “La casa della mensa”
e “Posto di rifornimento” di Salietti. |
Il
Comitato Nazionale dello Scaldarancio: una Onlus di cent’anni
fa per avere sempre cibo caldo in trincea
Dott.
Andrea Bianchi
storico ricercatore
Gruppo ANA Milano Centro |
Da
una semplice idea, alla sperimentazione e perfezionamento del prodotto,
fino alla produzione su vasta scala, non tralasciando i tentativi
di imitazione e di concorrenza sleale.
Queste sono ancora oggi le vicissitudini “naturali”
che un Imprenditore incontra e deve risolvere per far fronte alla
produzione di un oggetto. Cent’anni fa questi passaggi hanno
riguardato un “semplice rotolino di carta” prodotto
in milioni d’esemplari, coinvolgendo le Donne (le Imprenditrici)
con un unico scopo: fornire un oggetto semplice per scaldare il
rancio dei soldati. A questo obiettivo immediato, s’accostò
quello mediato: Assistere i Soldati al fronte.
La onlus di cent’anni fa, chiuse il bilancio in positivo per
aver raggiunto lo scopo sociale! ... e già questo la dice
lunga sul suo successo …
Seguendo una sorta di “lezione di managment”, il Relatore
(a conclusione di circa tre anni di ricerche), illustrerà
questa semplice “invenzione” con materiali inediti d’archivio,
svelando un aspetto pressoché inedito relativo all’impegno
delle Donne sul fronte interno.
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Militari
e civili - La prima linea della sete
Dott.
Sergio Tazzer
Giornalista
Presidente CEDOS Grande Guerra |
Doveva
essere una specie di guerra lampo, quella promessa dal presidente
del Consiglio Antonio Salandra e dal capo di Stato maggiore Luigi
Cadorna. Non avevano tenuto in nessun conto le promesse analoghe,
andate deluse, dell'anno prima a Parigi e a Berlino. Cadorna aveva
pensato che in tre balzi sarebbe stato prima a Lubiana, per imboccare
poi la via di Vienna. Non fu così.
Il regio esercito, male in arnese dal punto di vista dell'armamento
e della logistica, si imbatté in un altro esercito, quello
austro-ungarico, che cominciava sì a soffrire carenze di
vestiario e di sussistenza, ma che aveva predisposto una linea di
difesa munita e organizzata da personalità militari di prim'ordine,
a cominciare da Svetozar Boroevic.
Il terreno dello scontro andò dalle quote inimmaginabili
in montagna, alla linea dell'Isonzo, con un Carso arido in pianura
fino a terminare in Adriatico.
Nelle trincee italiane in teoria doveva giungere un rancio –
all'inizio – da 4 mila calorie, ma le difficoltà nelle
corvée furono talvolta insormontabili; e l'acqua –
tre litri a testa, da regolamento – divenne un miraggio.
Fra gli imperialregi il Menage offriva meno calorie, l'acqua avrebbe
dovuto essere di quattro litri (non sempre accadde), ma non fu un
miraggio. Le rispettive sussistenze e i servizi del genio militare
cercarono di fare miracoli, tuttavia le testimonianze lasciateci
raccontano di realtà di sofferenze e di patimenti. Per le
fanterie italiane in trincea sul Carso, povero d'acqua, fu un inferno.
Se gli imperialregi avevano previsto già nel 1914 di doversi
accollare l'onere della fornitura di acqua potabile alla propria
truppa, in Italia si dovette attende i primi mesi del 1917 per l'istituzione,
al comando del genio, di un ufficio idraulico. Fino ad allora ogni
reparto cercò di fare il meglio che poteva. Dopo Caporetto,
quando l'esercito ed il Paese si rianimarono nella resistenza al
nemico, il genio militare fece miracoli per fornire acqua ai combattenti
sull'Altipiano di Asiago e soprattutto sul Massiccio del Grappa.
La lezione del Carso non era stata vana.
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Il
diario di Silvio Crespi,
Ministro degli approvvigionamenti dal 1917 al 1918:
la politica annonaria nazionale
Prof.
Gianluca Pastori
Università Cattolica, Milano |
La
nomina di Silvio Crespi a Commissario (poi Ministro) agli approvvigionamenti
e ai consumi del primo gabinetto Orlando (5 novembre 1917-22 maggio
1918) segna un punto di svolta importante nella politica annonaria
italiana negli anni della Prima guerra mondiale. Sino a quel momento,
il problema dell’approvvigionamento alimentare dell’esercito
e del Paese in generale era stato trattato in modo sostanzialmente
disorganico e alluvionale sia dal governo Salandra, sia dal successivo
governo Boselli, con una serie di provvedimenti scollegati, dettati
soprattutto dalla necessità di affrontare ricorrenti situazioni
di emergenza. A seguito della crisi di Caporetto, il bisogno del
momento unito al dibattito che subito si accende intorno alle cause
della crisi stessa, spingono, invece, a rivedere questo approccio
in una prospettiva di più chiara mobilitazione nazionale
e di crescente integrazione con le Potenze alleate e associate.
Il diario di Crepi, pubblicato nel 1937 con il titolo Alla difesa
d’Italia in guerra e a Versailles, fornisce uno spaccato significativo
degli sforzi da questi compiuti per gettare su basi più solide
il sistema della raccolta e della distribuzione degli approvvigionamenti
(alimentari ma non solo) e delle tensioni da questo provocato all’interno
della compagine di governo. ‘Outsider della politica’
nonostante la lunga esperienza parlamentare, Crespi porta nelle
relazioni con gli alleati e con i colleghi di governo una logica
‘aziendalista’ che male si concilia con le precedenti
prassi assembleari e che gli valgono l’appellativo postumo
di ‘dittatore ai viveri’. Parallelamente, nel suo operato
concreto, egli sembra allontanarsi dalla rigida ortodossia liberista
che ne aveva ispirato l’azione parlamentare, individuando
(correttamente) come obiettivo prioritario la (ri)costruzione di
un fronte interno capace di sostenere l’azione militare in
atto.
In questo senso, l’obiettivo di Crespi nei mesi in cui avrebbe
retto il suo Dicastero rimane l’aggregazione, intorno all’operato
del Governo, di un consenso abbastanza condiviso da evitare il tracollo
del Paese davanti alle necessità imposte dalla nuova guerra
difensiva; un obiettivo, questo, da realizzarsi attraverso l’acquisizione
di riserve adeguate alle necessità dell’esercito e
(in subordine) del Paese e la ripartizione accettabile dei sacrifici
imposti dalle inevitabili penurie. Il processo non sarebbe stato
facile (e delle difficoltà, il diario reca traccia, seppure
parziale) e il risultato solo in parte conseguito. A posteriori,
l’esperienza appare, tuttavia, significativa dei problemi
incontrati dalla vecchia Italia liberale di adattarsi alle esigenze
della ‘guerra totale’ e aiuta a comprendere le difficoltà
incontrate da quella stessa Italia nell’affrontare, negli
anni del dopoguerra, le forze eversive che proprio la guerra avrebbe
messo in moto.
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La
razione viveri speciale da combattimento
delle Forze Armate Italiane
Cap.
Enzo Gaglione -
Corpo di Commissariato effettivo al dipendente Reggimento di
Supporto NRDC |
Dal menù unico ai sette moduli. L’evoluzione
nel tempo della razione K per far fronte alle esigenze nutritive e
ai vincoli logistico – operativi. |
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