Gli austriaci
attaccano con i gas
Prof. Andrea Saccoman
Dopo un anno di guerra, la posizione degli austriaci
nel settore settentrionale del Carso si era fatta difficile. Con
l’obiettivo di ottenere un raccorciamento del fronte e un
terreno più facilmente difendibile, il comando austro-ungarico
pianificò una operazione offensiva nel settore del Monte
S. Michele.
Nell’ambito dell’operazione si previde un attacco
con gas, per ovviare all’inferiorità numerica rispetto
alle truppe italiane. Verso la fine di aprile arrivò sul
fronte italiano il battaglione speciale addestrato all’emissione
di gas tossici contenuti in apposite bombole. L’azione principale
fu concentrata nel settore tenuto dalla 20a Divisione Honved,
corrispondente, sul versante italiano, alla linea dell’XI
Corpo d’Armata (21a e 22a Divisione).
L’attacco coi gas fu sferrato tra le 5,30 e le 6 del mattino
del 29 giugno 1916, preceduto da un intenso bombardamento d’artiglieria.
La nube si allargò nelle trincee, discese nei camminamenti
e nei canaloni del monte S. Michele e colse di sorpresa i soldati.
Era quello il primo attacco con aggressivi chimici attuato sul
fronte italiano.
Le
maschere in distribuzione, se anche i soldati le avessero avute
a portata di mano e le avessero sapute usare, servirono a poco
o a nulla, perché ancora di modello rudimentale. Il gas
utilizzato era forse fosgene. Fra i colpiti vi furono molti ufficiali
superiori, cosicché molti reparti restarono temporaneamente
senza guida.
Sul tratto di fronte delle Cime 1 e 2, il II Battaglione del 20°
Reggimento Fanteria fu travolto dall’improvviso attacco,
condotto dalla 81a Brigata della 20a Divisione Honved. Anche il
I Battaglione del 19° Reggimento Fanteria, che era di rincalzo,
fu colpito dai gas. I superstiti dei due battaglioni, riordinati
e rinforzati da una compagnia del III Battaglione del 128°
Reggimento Fanteria, nel pomeriggio andarono all’attacco
della trincea perduta, la riconquistarono e catturarono un centinaio
di prigionieri.
Sul tratto di fronte delle cime 3 e 4 il comandante del II Battaglione
del 48° Reggimento Fanteria (Capitano Vittorio Lazzari), messo
in allarme dai sibili caratteristici del gas sfuggente dai serbatoi
e dalla vista di una densa nube che lentamente avanzava dalle
trincee nemiche, riuscì a organizzare una prima difesa.
Coi reparti meno colpiti dal gas si oppose e resistette al nemico
impedendogli di dilagare e aggirare le posizioni italiane.
Egli stesso, colpiti dai gas il comandante del reggimento (Colonnello
Antonio Gagliardo) e quello del III Battaglione, assunse il comando
del reggimento riuscendo, insieme a due compagnie del III Battaglione
del 48° Reggimento e a due del II del 19°, ricevute in
rinforzo dal Comando della Brigata, a riconquistare Cima 3.
In conclusione, passata la sorpresa e arrivati rincalzi dalla
sponda destra dell’Isonzo, gli italiani contrattaccarono
ed entro la fine della giornata la situazione era completamente
ristabilita. Dopodiché il nemico non si mosse, né
rinnovò il suo tentativo. Il piano dell’avversario
era quindi fallito, anche se il pericolo corso spinse il comando
della 3a Armata italiana a sospendere per il momento una prevista
offensiva da parte del VII Corpo.
Il conteggio delle perdite fu allora e resta ancora oggi approssimativo,
ma si stimò che gli italiani avessero avuto circa 200 ufficiali
e 6500 militari posti fuori combattimento, dei quali rispettivamente
100 e 2600 morti. Complessivamente gli austro-ungarici ebbero
circa 1800 uomini fuori combattimento, dei quali approssimativamente
un quarto per effetto dei gas tossici.
Nello stesso giorno 29 giugno 1916, in base alle prime notizie
ricevute, il Comando della 3a Armata mise a disposizione dell’XI
Corpo d’armata il III Battaglione del 57° Reggimento
Fanteria, recuperato dal VI Corpo d’Armata e il I del 123°
Reggimento Fanteria. Il giorno dopo, 30 giugno 1916, resosi conto
che i danni e le perdite erano più ingenti di quanto si
fosse calcolato in un primo momento, assegnò all’XI
Corpo la Brigata Catanzaro al completo, presa dalla 19a Divisione,
appena arrivata quale riserva d’Armata e che il 29 giugno
si era dislocata nella zona Chiopris-Cervignano.
L’XI Corpo poté così ritirare dal fronte i
reparti più provati per riordinarli nelle retrovie.
Questo comunque il
risultato
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