L'attacco a Monte Pasubio

Prof. Andrea Saccoman

Il Monte Pasubio è posto a cavallo dell’antico confine tra Italia e Impero Austro-Ungarico, grandioso baluardo naturale posto a dominio delle valli che fanno capo a sud al Pian delle Fugazze e a nord al Passo della Borcola, culminante nel Palon (Palom) a quota 2235 metri.
Data la sua importanza strategica, in quanto sbarrava la strada per la pianura vicentina, le truppe italiane posero piede sulla vetta già nelle prime ore del 24 maggio 1915. Nei giorni successivi l’occupazione fu estesa fino al Col Santo. La linea rimase indisturbata fino a quando si scatenò la Strafexpedition, e il Col Santo fu perduto il 18 maggio 1916. La posizione del Pasubio resistette però a tutti gli attacchi e rimase in possesso delle truppe italiane. Si crearono due salienti, chiamati “Dente austriaco” e “Dente italiano”, che si fronteggiavano a poca distanza.
Allo scopo di dare conveniente respiro alle posizioni intorno al monte, nei mesi di settembre e ottobre 1916 si svolse una notevole serie di operazioni. Un primo tentativo fu eseguito il 10 e l’11 settembre, ma dovette essere sospeso, sia per i risultati insufficienti ottenuti dalle artiglierie sulle difese nemiche, sia per le cattive condizioni atmosferiche.
Il 16 settembre il Comando della 1a Armata emanò le direttive per la ripresa offensiva, che richiedevano favorevoli condizioni meteorologiche e perfetta efficienza fisica e morale delle truppe; concentramento dell’azione delle bombarde in una sola zona di limitata ampiezza, e preferibilmente contro il saliente nemico di quota 2200 (“Dente austriaco”); attacco a fondo contro tale saliente; preparazione di artiglieria violenta e di sorpresa, tendente alla distruzione completa delle difese avversarie.
Il 18 settembre, sulla base di tali direttive il Comando del V Corpo d’Armata ordinò che l’azione fosse limitata al settore quota 2059-quota 2043, con particolare violenza contro il saliente austriaco; e lasciò al comandante della 44a Divisione, generale Andrea Graziani, la libertà di determinare la giornata d’inizio, in relazione alle condizioni atmosferiche. Il 26 settembre egli emanò le disposizioni per l’attacco della linea avversaria da quota 2043 a quota 2059 e, successivamente, della retrostante linea Monte Roite – Buse di Bisorte.
Dal Pasubio era previsto un attacco principale con azione violenta e a fondo contro il “Dente austriaco” e i suoi contrafforti e un’azione concomitante contro quota 2059.
Questa duplice azione doveva essere condotta dalle seguenti truppe: 157° Reggimento Fanteria, 6° Gruppo Alpini (Battaglioni Vicenza, Exilles, Monte Cervino, Monte Suello, Monte Berico), Battaglioni alpini Monte Adamello e Aosta, 3 reparti mitraglieri, 4 sezioni mitragliatrici in postazione fissa, 2 sezioni mitragliatrici Schwarzlose da posizione, 4 sezioni lanciatorpedini.
Era inoltre prevista in contemporanea un’azione dal Coston di Lora contro le posizioni di quota 2043, con successiva avanzata verso il Menderle e la quota 1985, condotta dal Battaglione Alpini Val Toce, un battaglione e due compagnie del 71° Reggimento Fanteria, il I Battaglione Bersaglieri ciclisti, un reparto mitraglieri su tre sezioni, una sezione mitragliatrici Schwarzlose da posizione.
Le truppe erano appoggiate da un complesso di 256 pezzi di artiglieria, comprendendo le bombarde. L’operazione ebbe inizio all’alba del 9 ottobre. Alle 7 le artiglierie italiane iniziarono un violento concentramento di fuoco e lo protrassero sino alle 8,45. Dopo una sosta di mezz’ora, alle 9,15 aprirono un fuoco improvviso, simultaneo ed efficace sugli obiettivi assegnati che disorientò l’avversario. Constatata la distruzione quasi totale delle difese austriache, alle 15,30 ebbe inizio l’avanzata delle fanterie, accompagnate dai piccoli calibri, mentre grossi calibri, medi calibri e bombarde allungavano il tiro.
Sulla sinistra del Pasubio il Battaglione Val Toce e il I Battaglione ciclisti, sboccati dalle posizioni della Lora sull’Alpe di Cosmagnon, scalando pareti a picco e inerpicandosi per ripidi sentieri, occuparono di slancio la quota 2043, catturando quanti del presidio austriaco erano ancora vivi dopo il bombardamento.

Intanto dal Pasubio i Battaglioni Alpini Monte Adamello e Monte Suello progredivano in direzione di quota 1985 e del cosiddetto “Panettone”, occupandone la linea senza però poterla tenere per via del violento tiro d’infilata delle mitragliatrici nemiche.
Sulla destra i Battaglioni Exilles e Monte Berico riuscivano a prendere le trincee a ovest del “Dente austriaco” e sul margine meridionale di esso.
Alle 7 del 10 ottobre ricominciò l’azione dell’artiglieria, che continuò fino alle 11,30, quando riprese l’avanzata. Nel settore dell’attacco principale non si riuscì a conseguire nessun altro vantaggio tranne la completa conquista delle posizioni di quota 1985 e del “Panettone”.
Maggior fortuna ebbe l’attacco partito da quota 2043: il I Battaglione ciclisti, rinforzato dal VII, preso dalla riserva divisionale, e da una compagnia del Battaglione Aosta, strappò al nemico tutta l’Alpe di Cosmagnon. Parteciparono in modo decisivo al combattimento reparti del 71° Reggimento Fanteria che ascesero con scale e corde i roccioni come provetti alpini.
A sera il Generale Graziani, per sfruttare il successo, dispose che fosse continuata la pressione dal Menderle contro il Roite, per prendere sul rovescio la difesa austriaca. Nelle prime ore dell’11 ottobre arrivarono di rinforzo il II, III e IV Battaglione del 79° Fanteria e il I Battaglione dell’85°.
Alle 15,30 dell’11 ottobre iniziò l’avanzata delle fanterie, che procedette però lentamente per le difficoltà del terreno. Alle ore 22 le prime ondate si accingevano all’apertura dei varchi nei reticolati sotto la cresta di Monte Roite, ma la vigilanza dell’avversario impedì ogni ulteriore progresso sia nella notte che nel mattino del 12.
Nel pomeriggio del 12 ottobre 1916 le operazioni furono sospese per riordinare, rifornire e dare riposo alle truppe, con l’ordine che si rafforzassero sulla nuova linea raggiunta: l’offensiva tra il 9 e il 12 ottobre aveva tolto all’avversario il controllo dall’alto della nostra occupazione nell’alta Vallarsa e notevolmente ridotta l’ampiezza del suo saliente verso il Pasubio.
Furono catturati 572 prigionieri, di cui 9 ufficiali, 8 cannoni, varie mitragliatrici, un buon numero di lanciabombe, bombarde, lanciafiamme e fucili. Ignoto il numero dei morti, ma nelle sole trincee sull’Alpe di Cosmagnon furono rinvenuti oltre 400 cadaveri. Le perdite italiane furono di 99 ufficiali (16 morti e 83 feriti) e 626 uomini di truppa (209 morti, 417 feriti).

Pasubio - Foto aerea dell'epoca